Chris Marker. Dal documentario alla fiction
Non si può evadere dal tempo, la lezione è chiara. Non c'è scampo. Marker ne è consapevole e rappresenta questa idea nel miglior modo possibile: una sequenza di fotografie, di immagini fisse. Fisse come le immagini dei ricordi che solo il sogno può animare.
Il film è dominato dal ricordo, dunque dalle immagini fisse che solo in una piccola e splendida sequenza (probabilmente onirica) si animano. Un sogno bellissimo dove la donna si sveglia e sorride, felice, lasciandosi dietro i limiti che il tempo, la storia e la vita stessa impongono. Ma questo dura solo un attimo; un attimo che sfugge alla velocità di 24 fotogrammi al secondo...
Non si può evadere neanche dal film. L'uomo vorrebbe saltare oltre il tempo ma non può farlo perché vi è stato catapultato da qualcuno che lo controlla. E' la staticità che controlla il film, che gli impone la rigidità della fotografia. Il breve attimo fuori dal tempo, dunque fuori dal controllo è solo un'invenzione, un desiderio, una fantasia. La realtà sta nelle sequenze istantanee, dove non si può inseguire l'amore ma solo obbedire a degli ordini. Marker ci mostra degli istanti senza alcun riguardo alla linea del presente narrativo, perché ogni istante, sia esso futuro o passato, quando viene vissuto diviene presente narrativo in automatico.
Come le parole di un libro che si attualizzano mentre entrano in contatto con la coscienza del lettore. Questa costante attualizzazione ci guida, fotogramma per fotogramma, attraverso l'amore ed il desiderio, forse, di sfuggire alla realtà. Una realtà che per una volta, forse l'unica, Marker decide di "tradire" per una rapida, ma indelebile, escursione nel campo della fantascienza. Infatti se si osserva la sua filmografia non si può fare a meno di notare che la maggior parte dei suoi lavori siano dei documentari. Documentari particolari, d'autore, nei quali è notevole l'impronta di un cineasta forse poco conosciuto, ma che da vita a delle creazioni affascinanti e innovative. Chris Marker filma il reale come se si trattasse di una fiction, dice Marie Borel, e rende l'idea di come lavori questo straordinario filmaker.
Egli osserva, raccoglie, monta e commenta le cose di questo mondo che più gli piacciono e gli servono per capire. Le sfrutta per penetrare a fondo le questioni che gli interessano e come un collezionista conserva tutto. Durante i suoi viaggi filma e fotografa, utilizzando le immagini come cartoline (esemplare è il caso di "Sans soleil") affinchè gli possano rimanere a lungo nella memoria, nel ricordo, che è fragile e vittima dell'oblio.
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