L’ambizione imperiale dell’America
Le azioni unilaterali in atto dall’amministrazione Bush potrebbero modificare radicalmente l’ordine politico americano e lacerare il tessuto della comunità internazionale a causa dalla nascente grand strategy neoimperiale. Si tratta di un approccio gravido di pericoli e facilmente destinato al fallimento.
Dopo la II Guerra Mondiale, gli USA hanno seguito due grandi strategie:
una realista, organizzata intorno al contenimento, alla deterrenza e al mantenimento dell’equilibrio di potenza globale, che ha creato istituzioni e alleanze, ma anche qualcosa di più grande ovvero un ordine politico che ha un valore in se. Il fine di questa linea era contrastare la potenza sovietica. Bush ha enfatizzato alcuni di questi temi, parlando addirittura di neorealismo;
un’altra, di orientamento liberale, che tende a costruire l’ordine intorno a relazioni politiche istituzionalizzate tra democrazie di mercato. Il fine era evitare un ritorno agli anni ’30 e al protezionismo, che andava contro gli interessi americani.
Queste due strategie affondano le loro radici in tradizioni intellettuali divergenti, ma negli ultimi 50 anni hanno operato insieme con straordinario successo.
Le nuove idee dell’amministrazione Bush stanno però turbando profondamente quest’ordine. Per la prima volta dall’inizio della guerra fredda sta prendendo corpo una nuova grand strategy, che vorrebbe l’America meno legata ai suoi partner e alle istituzioni e più attiva in un ruolo unilaterale e preventivo contro le minacce terroristiche e gli stati canaglia. Dunque ritornano ad usare la potenza militare per gestire l’ordine. Questa grand strategy presenta sette elementi:
1. mantenere un ordine unipolare in cui non hanno nessun concorrente plausibile;
2. non affrontare i terroristi con metodi quali la pacificazione o la dissuasione, ma unicamente con l’eliminazione;
3. visto che la deterrenza è superata perché inefficace contro i terroristi, l’unica opzione possibile è l’attacco;
4. ripensamento del concetto di sovranità, perché se non lo rispettano i terroristi possono non farlo anche gli USA. I paesi che per vari motivi, anche inconsapevolmente ospitano i terroristi perdono i diritti di sovranità, come pure i paesi che si pensa abbiano armi di distruzione di massa anche se non stanno violando tecnicamente nessun trattato. E’ una sovranità condizionale;
5. generale scadimento delle norme internazionali, dei trattati e degli accordi di difesa, considerate ora solo distrazioni irritanti. Questa visione nasce in parte dalla visione genuinamente americana che gli americani non debbano lasciarsi intrappolare nel groviglio delle norme;
6. gli USA devono agire direttamente e senza vincoli nel rispondere alle minacce: la missione deve determinare la coalizione, ma la coalizione non deve determinare la missione;
7. attribuisce scarso valore alla stabilità internazionale. Infatti sostengono che bisogna andare contro l’obsoleta mentalità da guerra fredda. La stabilità non è un fine in se e si troverà spazio anche per l’unilateralismo americano senza far crollare l’intero sistema.
Purtroppo questa nuova grand strategy produrrà un sistema internazionale ostile, rendendo così più ardua la realizzazione degli interessi americani. Inoltre è un approccio insostenibile nel lungo periodo anche per la lunga coda di obblighi connessi alla ricostruzione dei paesi attaccati (problema dell’iperestensione imperiale). Il mantenimento della pace e la ricostruzione richiederanno poi comunque coalizioni di stati e agenzie multilaterali e le due grandi strategie del passato torneranno in voga. Inoltre la dottrina dell’azione preventiva pone un problema: una volta che la usano gli USA nessuno potrà vietare ad altri di farlo, inoltre potrebbe indurre gli stati ad accelerare la loro acquisizione delle armi di distruzione di massa. Inoltre è ovvio che gli USA non possono risolvere i problemi di politica estera da soli ma hanno bisogno della cooperazione politica, strategica e delle intelligence di altri stati. Infine pone sempre il classico rischio degli imperi: l’auto-accerchiamento.
Bush non ha articolato una propria visione del mondo dopo la guerra al terrorismo, il mondo non ha colto un’agenda propositiva per un ordine internazionale più forte. Questo spiega perché i sentimenti di simpatia del mondo verso l’America dopo l’11 settembre si siano rapidamente affievoliti. Questa è una grand strategy che renderà il mondo più pericoloso e diviso e gli USA meno sicuri. Per questo gli USA dovrebbero piuttosto tornare alle loro vecchie strategie.
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