Trattamento della coxartrosi
È possibile trattare alcune forme di coxartrosi in fase iniziale con intervento chirurgico conservativo mirato a correggere l'anatomia e la biomeccanica, al fine di distribuire il carico a una superficie più ampia; tali interventi consistono in osteotomie di femore e di bacino.
Nelle coxartrosi in forma avanzata si ricorre invece all'artroprotesi che prevede la sostituzione dell'articolazione con una protesi che può essere: cementata, non cementata. Nel caso di protesi totale, o artroprotesi, si ha la sostituzione della componente femorale e della componente acetabolare; nel caso di protesi parziale, o endoprotesi, viene sostituita solo la porzione femorale.
Le componenti protesiche sono costituite da una porzione "articolare", che deve riprodurre il movimento articolare, e una di "ancoraggio" che provvede all'ancoraggio dell'osso. In base alla modalità di ancoraggio si distinguono le protesi:
- cementate (ancorate al tessuto osseo per interposizione di polimetilmetacrilato o cemento acrilico)
- non cementate (a press-fit)
Nelle protesi cementate la stabilità dell'impianto e data dalla presenza del cemento che offre la sua massima resistenza già dopo pochi minuti dall'inserimento.
Nella maggior parte dei casi è permesso l'immediato carico completo con l'ausilio di un deambulatore o di un bastone.
Vengono usate prevalentemente nei soggetti anziani che non richiedono un particolare ritorno all'attività fisica; hanno il vantaggio di permettere una stabilità pressoché immediata e consentono l'inizio precocissimo della riabilitazione, d'altro canto presentano un maggior problema nel caso si renda necessario col tempo una revisione della protesi.
Nelle protesi non cementate la fissazione iniziale è a pressione e quella completa si ha solo quando i tessuti all'interno e all'esterno dell'impianto si sono tutti formati; sono indicate nei pazienti più giovani che hanno maggiore richiesta di tornare a compiere attività fisiche. La stabilità primaria è data dalla perfetta congruenza tra la cavità ossea e la forma dell'impianto; successivamente avvengono fenomeni di neoformazione ossea attorno alla protesi che conferiscono la stabilità secondaria dell'impianto. Tali protesi richiedono maggior difficoltà chirurgica e il carico completo nella fase riabilitativa viene ritardato: di solito una stabilità adeguata viene raggiunta prima dei 6 mesi, in questi casi si consiglia un carico sfiorante per le prime 6 settimane. Hanno però il vantaggio di garantire una fissazione naturale della protesi all'osso e minor problemi in caso di revisione della protesi.
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Dettagli appunto:
- Autore: Stefania Corrai
- Università: Università degli Studi di Sassari
- Facoltà: Medicina e Chirurgia
- Corso: Fisioterapia
- Esame: Malattie apparato locomotore
- Docente: Tranquilli Leali
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