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La politica estera sovietica negli anni '20


Il marxismo non forniva alcuna indicazione esplicita riguardo i rapporti con l’estero e predicava una rivoluzione mondiale che avrebbe dovuto eliminare la politica estera; ma quando Lenin si impadronì del potere, la posizione e gli interessi internazionali dell’US furono tradizionali e nazionalistici.

Nel 1918 Trockij divenne commissario alla guerra e Čičerin commissario agli affari esteri, il cui compito principale era ottenere il riconoscimento dell’US e l’affermazione della sua posizione nel mondo rispetto all’isolamento in cui era stata confinata, visto l’esito negativo delle rivoluzioni comuniste fuori dalle sue frontiere. L’Unione Sovietica faceva inoltre parte del Komintern (insieme dei partiti comunisti di tutto il mondo, tesi alla sovversione e alla rivoluzione) e si rifiutava di pagare i debiti zaristi e di indennizzare gli stranieri. Un primo tentativo di rottura dell’isolamento si ebbe nel 1922, quando l’URSS partecipò per la prima volta a una conferenza economica internazionale: nella conferenza di Genova, i delegati sovietici riuscirono a stipulare il Trattato di Rapallo con la Germania, un trattato che prevedeva la cooperazione economica, politica e militare tra i due Paesi.
Nel 1924 Gran Bretagna, Italia, Francia, Austria, Svezia, Norvegia, Danimarca, Grecia, Messico e Cina riconobbero l’Unione Sovietica e quindi il regime bolscevico, mentre gli USA continuarono a ignorare la nuova potenza. Dal canto suo, l’URSS sostenne il Kuo Min Tang (il movimento nazionalista di Sun Yan-sen e Chiang Kai-shek) inviando esperti militari pronti ad aiutare i nazionalisti, ma quando il partito riuscì a impossessarsi del potere, i comunisti vennero espulsi.

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