Il dilemma di Rabelais sull'allegoria
L’amalgama, infatti, pone un dilemma incapace di risolvere: quello che il testo, omerico ad esempio, vuole dire oggi per noi, voleva dire la medesima cosa per Omero? Questo è il dilemma che affronta Rabelais nel Gargantua. Prima incoraggia ad interpretare il suo libro in maniera allegorica, ma finisce poi per raccomandare di attenersi alla lettera del testo! È infatti credibile, ad esempio, che Omero abbia concepito l’Iliade in senso cristiano? No. Tuttavia Rabelais non se la prende con chi vi legge un senso cristiano, ma con chi pretende di asserire che sia stato Omero a inserirlo volontariamente nella sua opera! Allo stesso modo, chi leggerà un senso scandaloso nel Gargantua non dovrà che incolpare se stesso, non certo Rabelais. Rabelais (come del resto prima di lui Cicerone e Agostino) asserisce dunque che l’intenzione deve essere distinta dall’allegoria. Ma passerà ancora parecchio tempo prima che Baruch Spinoza (1632-1677), grande filosofo razionalista e padre della filologia, chiedesse, nel Tractatus theologico – politicus, che la Bibbia venisse letta come un documento storico, vale a dire come un testo il cui senso venisse determinato esclusivamente in relazione al contesto in cui era stato redatto.
Da allora la questione dell’intenzione e quella del contesto coincidono in buona parte, sancendo un salutare ritorno al pragmatismo giuridico della retorica antica.
Si potrebbe allora pensare che la discussione sia risolta da parecchio tempo. Non è affatto così. Il problema è particolarmente visibile in campo strettamente giuridico, in particolare in quello costituzionalista. Prendiamo ad esempio gli emendamenti della costituzione americana: in base a quale contesto dobbiamo, infatti, interpretare i testi? In base a quello in cui era stato redatto (posizione originalista) o in base alle esigenze di oggi (posizione allegorista)?
Le due posizioni sono ugualmente insostenibili. Non è concepibile un testo in cui ogni generazione può definirne continuamente i principi primi, ma non è altrettanto concepibile perpetuare i pregiudizi razziali o le visioni schiaviste che pure animarono la nascita della Costituzione americana.
Ma il problema è anche un altro: definire con certezza ciò che in origine quel determinato testo voleva effettivamente dire (pensiamo all’infinito dibattito sul II emendamento!). Difficilmente gli originalista riescono a trovare un senso univoco ai testi presi in esame, dando possibilità agli allegoristi di sbizzarrirsi in una altrettanto lunga sequela di teorie.
Interpretare un testo, giuridico o no, solleva dunque non solo una questione storica ma anche una questione politica, come già suggeriva Rabelais.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Gherardo Fabretti
[Visita la sua tesi: "Le geometrie irrequiete di Fleur Jaeggy"]
[Visita la sua tesi: "Profezie inascoltate: il "Golia" di Giuseppe Antonio Borgese"]
- Università: Università degli Studi di Catania
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Teoria della letteratura
- Docente: Prof.ssa Rosalba Galvagno
- Titolo del libro: Il demone della teoria
- Autore del libro: Antoine Compagnon
- Editore: Einaudi
- Anno pubblicazione: 2000
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