I settori amministrativi fiscali e militari della monarchia - 1600 -
Anche in Germania la monarchia assoluta si sviluppa, ma qui troviamo un fattore che in Spagna e in Francia non c'era: il protestantesimo. Alcuni principi che avevano aderito al protestantesimo incamerarono i beni della chiesa, instaurarono una giurisdizione ecclesiastica sovrana e rafforzarono il potere principesco statale; altri, invece, rimasti attaccati alla vecchia fede misero il loro potere al servizio della Controriforma e ne furono ricompensati con una crescente influenza nei rapporti con la chiesa locale. Ma nella cattolica Germania meridionale spesso e volentieri l'assolutismo non aderì capillarmente e la riscossione e amministrazione delle imposte continuò ad essere appannaggio dei ceti. Sorprende invece il caso di quella che sarebbe diventata la potenza protestante egemone nell'area settentrionale: il Brandeburgo – Prussia. Come margravi del Brandeburgo, gli Hohenzollern erano elettori sin dal 1415 e nei trattati di Munster e Osnabruck, ottennero, grazie ad un'abile tattica, i vescovadi di Magdeburgo e Halberstadt , la Pomerania orientale e il vescovado di Minden. La circostanza vincente per gli Hohenzollern fu la loro politica religiosa del tutto particolare. La grande maggioranza dei loro sudditi era luterana, mentre i sovrani erano calvinisti. Eppure nessuno di loro pensò mai di convertire per legge i propri sudditi al calvinismo. Da ciò derivarono due importanti conseguenze: la dinastia attinse nel calvinismo una concezione dinamica dello stato e della politica, che i sovrani luterani ignoravano; la tolleranza divenne principio di Stato, spingendo i protestanti francesi cacciati dal loro paese a trovare una nuova patria, oltre che in Olanda e in Inghilterra, nel Brandeburgo – Prussia. Nel complesso possiamo affermare che le conquiste politiche della monarchia assoluta nel loro complesso investirono i settori amministrativo, fiscale e militare. L'esempio del Brandeburgo – Prussia è lampante. Militarmente, qui il miles perpetuus fu il frutto di decennali trattative con i ceti finanziariamente forti, soprattutto con la nobiltà, la cui disponibilità ad accettare il nuovo esercito e a pagare le imposte necessarie a coprirne le spese fu ricompensata con una serie di importanti privilegi quale l'indigenato (la prerogativa del monarca ad assegnare gli uffici solo ai nativi del paese), e la conferma della particolare posizione signorile dei nobili nei loro distretti. Lo stato aveva, da parte sua, un proprio esercito e faceva di esso il motore di un'organizzazione amministrativa indipendente dai ceti, che a poco a poco penetrava anche la sfera civile. Dei commissari di guerra in servizio permanente provvedevano in ogni provincia ai compiti necessari allo sviluppo dell'esercito stanziale, e poiché la possibilità che tali compiti fossero assolti era connessa alla situazione finanziaria ed economica generale dello stato, il sistema dei commissariati penetrò in tutti i rami dell'amministrazione. A partire dal 1660 un commissario generale per tutto lo stato provvedeva a versare nella cassa dei fondi bellici il denaro proveniente dalla riscossione di tutte le imposte dirette. Era una forma di amministrazione finanziaria a favore dell'esercito ma a partire dal 1723 si fuse con gli uffici finanziari civili esistenti, ancora fortemente legati all'influenza dei ceti, diventando un unico organismo centrale supremo. Adesso tutte le finanze dello stato, comprese quelle personali del principe, competevano al direttorio generale. Nel settore fiscale è chiaro come lo scopo medesimo di tutte le monarchie assolute fosse l'aumento del gettito delle imposte, soprattutto in funzione dei suoi nuovi compiti, soprattutto in campo militare. Dove i ceti erano riusciti a proteggere intere province dall'intervento diretto dell'amministrazione fiscale dello stato, l'ammontare delle imposte veniva fissato tramite accordi tra stato e signori locali. Dove l'amministrazione statale era libera, la fantasia dei regnanti si mostrò veramente senza limiti. Le imposte dirette, che secondo la teoria politica tradizionale, erano una risorsa delle situazioni d'emergenza, divennero la regola nelle province in cui i ceti avevano perso la loro influenza e durante il Seicento furono soggetti a considerevoli aumenti.
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Autore:
Gherardo Fabretti
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- Università: Università degli Studi di Catania
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Storia moderna
- Docente: Gino Longhitano
- Titolo del libro: Alle origini dell'età moderna
- Autore del libro: Ernst Hinrichs
- Editore: Laterza
- Anno pubblicazione: 2005
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