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Religione dello Stato e dell'uomo per Pettazzoni



Pettazzoni dice che un tempo non c'era conflitto perchè lo stato stesso era anche religione, e non c'era chiesa. Nella polis si esprimevano valori religiosi. Pettazzoni parla dello stato non inteso come forma caratteristica di una cultura superiore, ma riferito soprattutto alla forma peculiare espressa dalla civiltà romana. Così la religione romana aveva anch'essa un compito di salvazione, ma ciò che andava salvato era la vita e l'integrità della famiglia, della gens, della res publica. Lo stato dunque eredita lo spirito (religioso) della polis, ma i modi cambiano. Religione di sacrificio per il bene comune, dunque, che trascende quello dei singoli. Intanto i bacchanalia erano diventati una sorta di stato dentro lo stato, incompatibile con esso. Ecco perchè vi fu una repressione a Roma. L'idea era quella di preservare la salus publica. Poi Pettazzoni prosegue ricercando esempi di religiosità civica in Italia...ad esempio la storia delle lotte secolari tra Papato e Impero, Stato e Chiesa è in gran parte la storia delle interferenze e dei compromessi tra la la religione di questo mondo di origine pagana e la religione dell'altro mondo annunciata dal Vangelo. I cristiani non hanno posto per le divinità civiche; ma in un certo senso successori degli dei furono i santi, attraverso i quali continuò a esprimersi in forme popolari la vita religiosa dello Stato. Così nella Riforma trova espressione la religione dello stato, seppur nella forma della religione dell'uomo (Cristianesimo).

Tratto da STORIA DELLE RELIGIONI di Dario Gemini
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