Problema dell'interpretazione di Dumezil

Ma quest interpretazione unilaterale del conservatorismo romano elude 2 problemi: quello delle modalità di trasmissione dell'heritage indo-europeo e quello delle stratificazioni riscontrabili nella cultura ma anche nell'archeologia dei comportamenti. Del 1° Dumezil era consapevole. Nel 41 accolse la teoria di Bonfante secondo cui il vocabolario romano conserverebbe tracce di una cultura palafitticola presente in val padana.. nelle palafitte sarebbe iniziata la fortuna del pontifex (facitore di ponti) che riassume caratteristiche di sapiente e mistico assieme all'importanza economica e militare, e avrebbe acquisito un posto di un piano nell'amministrare il sacro. Poi, come presso i vedici, anche il facitore di carri avrebbe avuto un gran ruolo. E' in quel periodo secondo Dumezil che i primi indoeuropei nazionalizzarono i sacerdozi e iniziarono a farsi avanti. In "dei latini e miti vedici" del 66 Dumezil definisce il collegamento tradizionale dei sacerdozi arcaici, dicendo che intellettualmente Roma non è partita da zero..fino alla catastrofe che per Roma è stato l'incontro con la cultura greca, i romani han mantenuto lucidamente il sapere tradizionale. Dumezil negli anni 40 tentò di dimostrare che le linee di continuità con la tradizione indoeuropea si rispecchiavano nel 1° ordinamento teologico di Roma (triade arcaica) ma anche nelle tribus romulee, la 1a organizzazione sociale (ramnes, luceres, titienses), con le loro ripartizioni. Poi rinunciò. In seguito osserva che flamini maggiori e pontifex non sono creazioni della Roma monarchica ma ad essi cosrrispondono definizioni e funzioni differenti e preromane. Così Dumezil vuole avvalorare la tesi del sussistere in India, Iran, in Italia e tra i Celti, di potenti corpi sacerdotali che avrebbero conservato in comune alcune tradizioni per trasmetterle poi ai discendenti. Oggetto principale di tale trasmissione sarebbe stata l'ideologia trifunzionale.