Francesco De Sanctis – Il periodo del Boccaccio
Queste pagine, che chiudono il grande capitolo della Storia su Boccaccio, vanno considerate fra i capolavori di intelligenza e scrittura di De Sanctis, e nello stesso tempo un incunabolo della moderna stilistica. Come più avanti il critico riassumerà il “mondo” del Furioso nella bellissima caratterizzazione dell'ottava ariostesca, così qui, e anzi più distesamente, rispecchia il mondo boccaccesco in quella del periodare del Decameron, svolta con una vera e propria sensualità di stile che gareggia con l'oggetto, rivelandosi anzitutto nell'affiorare con cospicua abbondanza di parole, espressioni, immagini che indicano sinuosità, rotondità, e nello stesso tempo lascivia: linea curva, serpeggia, libidinosi avvolgimenti, rientrature, onde sonore, pieghe ampie, volteggiamenti, viluppi e contorcimenti. Raramente De Sanctis è stato così eloquente e così artista, e forse mai così mimetico, lui che generalmente non è un critico mimetico ma caratterizzante e valutativo, drammatico nel perpetuo contrapporre persone prima della storia letteraria; e neppure qui infatti si contenta delle descrizioni analogiche, anticipandole con una definizione critica razionale: Aggruppare, subordinarle....è arte somma del Boccaccio.
Naturalmente non tutte le sue posizioni critiche sono accettabili: così la giusta svalutazione delle novelle serie o tragiche si spinge troppo oltre; la notazione sul distacco di Boccaccio dal Medioevo si fa troppo pronunciata.
Come sempre, la spia più precisa dello stile e dell'atteggiamento critico di De Sanctis è l'affermazione perentoria espressa dalla terza persona del verbo essere (Tale è, è arte somma, ed è questa sentimentalità, il suo periodo è) eventualmente affiancata dal famoso ci è e spesso dalle forme dialettiche non è...ma è.
Forti poi le formule dittologiche cui è delegato il compito di distinguere nel simile: senso e moto, di circostanze e di accessori, ombreggiare [e] lumeggiare, si move e cammina, disegnando e facendo quadri, l'impeto e l'attrito eccetera. Ma a questi modi più letterari se ne intrecciano sempre di colloquiali e quasi teatrali, movenze di stile che sembrano sprigionare un gesto e ci ricordano che De Sanctis è stato anche un grande professore: dunque la seconda persona del verbo con valore impersonale, ma che è piuttosto un attrarre il lettore nel mondo di chi scrive (rr. 40, 43), la citazione di un'espressione comico – bassa di un classico, Dante (fa le fiche), la metafora continuata originale e divertita, che gioca sulle reminiscenze culturali (I latini... rr. 46 – 47) e soprattutto le interrogazioni retoriche con relative risposte delle rr. 67 ss: Che cosa manca a questo mondo? / Mondo della natura e del senso, gli manca...eccetera, il tutto sostenuto da un reticolo di riprese verbali, soprattutto della parola mondo, centrale come si sa nell'estetica desanctisiana.
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Autore:
Gherardo Fabretti
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- Università: Università degli Studi di Catania
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Storia della lingua italiana
- Docente: Gabriella Alfieri
- Titolo del libro: attraverso la prosa italiana
- Autore del libro: Pier Vincenzo Mengaldo
- Editore: Carocci
- Anno pubblicazione: 2004
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