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"De cive" di Hobbes



Laicizzazione del sapere, dissoluzione delle problematiche di ascendenza aristotelico-scolastica, riconquistata concretezza storico – naturale dell’uomo e della realtà fisica, sua spassionata analisi in base a metodologie rigorose di raccolta dei dati e di argomentazione, sono le caratteristiche che nel 600 acquista la riflessione filosofico – scientifica. In particolare la trattatistica risente della forte suggestione metodologica proveniente dalla scienze esatte e soprattutto dalle matematiche, le quali adottano per lo più la dimostrazione deduttiva, che parte da assiomi per giungere, dopo la discussione, alla conclusione. L’importanza della trattatistica seicentesca e settecentesca sta anche nel suo imprescindibile contributo alla formazione dei moderni volgari scientifici. Esempio brillantissimo di una trattatistica non rigidamente geometrizzante è il De cive (la traduzione italiana è Elementi filosofici sul cittadino) di Thomas Hobbes.
Il De cive avrebbe dovuto rappresentare il logico coronamento del suo sistema filosofico, che pensava diviso in tre sezioni, in modo da trattare nella prima del corpo umano e delle sue proprietà generali; nella seconda dell’uomo e delle sue facoltà e dei suoi sentimenti; nella terza, che è poi il De cive, del fatto che non vi sono teorie autentiche sul giusto e l’ingiusto, sul bene e il male. Nessuno può ricercare se un’azione è giusta o ingiusta, ad eccezione di coloro a cui è stata deferita l’interpretazione delle leggi.

Tratto da STORIA DELLA FILOSOFIA MODERNA di Carlo Cilia
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