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La terza e quarta parte del "Riposo" di Borghini


La terza e quarta parte è la più imponente dell'opera, occupandone ben due terzi. La conferenza inizia con un insignificante sommario della vecchia storia d'arte, rubata alla lettera dell'Adriani al Vasari. Segue quindi un cattivo estratto dal Vasari. Borghini non considera la grande costruzione storica dell'aretino, ma è pur vero che Vasari stesso l'aveva abbondantemente distrutta nella seconda edizione.
Borghini per il periodo più antico sceglie solo i pittori e mette in evidenza quasi solo fiorentini. La parte data al Trecento, è significativo, è molto ristretta: Cimabue, Giotto e i suoi successori (ma solo Taddeo Gaddi – padre di Agnolo – Giottino, Spinello, Starnina e Lorenzo di Bicci) e poi un salto fino a Luca della Robbia. Niente Pisani e niente Senesi. Ghiberti è trattato molto brevemente, mentre Del Sarto e Vasari sono ampiamente trattati; Vasari viene lodato ampiamente. Non aggiunge nulla di nuovo a quanto già si sapeva. Perfino quando fa parlare Sirigatti a proposito di Ghirlandaio, di cui era nipote, non aggiunge niente di nuovo. Il lavoro è quello tipico dell'epitomatore, del copista.
Altro valore, indipendente e reale, hanno le notizie di Borghini sui suoi contemporanei. Sono notizie valide e attendibili ma non sappiamo dove le abbia reperite. Si comporta scrupolosamente, raccogliendo ed elaborando materiale di valore. Tratta innanzitutto di forestieri, nel senso toscano, cioè pittori veneziani.
Compare dunque Tintoretto, la cui biografia contiene dati preziosi che nemmeno Vasari possedeva, come notizie sulla sua attività di collezionista; compare pure una lode alla figlia, Marietta, anche lei dedita all'arte. Compaiono poi Palma il giovane, Paolo Veronese e Jacopo e Francesco Bassano. Seguono milanesi (Annibale Fontana), bolognesi (Bartolomeo Passerotti, Prospero e Lavinia Fontana), e i maestri fiamminghi occupati a Firenze: Giovanni Strada e Giovanni da Bologna, detto Giambologna, con il quale Borghini aveva una relazione d'amicizia. Quella di Borghini è la più antica biografia del Giambologna, e dimostra l'influenza che i fiamminghi avevano a Firenze. Dei compatrioti nomina l'Ammannati, di cui nomina un trattato sull'architettura allora ancora inedito, segno forse di un legame amicale, molti scultori poco considerati e pittori come Girolamo Macchietti, allievo di Vasari, e Buontalenti.
È notevole come a Borghini sembri ancora Firenze il centro propulsivo dell'arte, sebbene già Vasari lo avesse identificato a Roma. Borghini tratta Roma ma non bisogna dimenticare che Giambologna, modello per
tutta Europa, lavorava a Firenze!

Tratto da STORIA DELLA CRITICA D'ARTE di Gherardo Fabretti
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