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Gli enti autonomi e locali dell'Italia degli anni '40


Infine quella che Vittorio Emiliani ha definito l'unica vera foresta italiana: la giungla degli enti autonomi e degli enti locali. Nel 1947 esistevano già 841 enti pubblici a livello nazionale ed uno sproposito a livello locale. L'IRI è un caso rappresentativo. Istituito nel 1933 per iniziativa dell’allora presidente del Consiglio Benito Mussolini al fine di evitare il fallimento delle principali banche italiane (Commerciale, Credito Italiano e Banco di Roma) e con esse il crollo dell’economia, già provata dalla crisi economica mondiale iniziata nel 1929. Nata come ente temporaneo con lo scopo prettamente di salvataggio delle banche e delle aziende a loro connesse, al 1934, il valore nominale del patrimonio industriale era di 16,7 miliardi di lire, pari al 14,3% del Pil. Tra i principali trasferimenti all'ente figuravano: la quasi totalità dell'industria degli armanenti, i servizi di telecomunicazione di gran parte dell'Italia, un'altissima quota della produzione di energia elettrica, una notevole quota dell'industria siderurgica civile, tra l'80% ed il 90% del settore di costruzioni navali e dell'industria della navigazione. Inizialmente era previsto che l'IRI fosse un ente provvisorio il cui scopo era limitato alla dismissione delle attività così acquisite. Ciò in effetti avvenne con la Edison, che fu ceduta ai privati, ma nel 1937 il governo trasformò l'IRI in un ente pubblico permanente; in questo probabilmente influirono lo scopo di mettere in atto la politica autarchica lanciata dal governo e di tenere sotto controllo del governo le aziende navali ed aeronautiche, mentre era in corso la guerra d'Etiopia. Per finanziare le sue aziende l'IRI emise negli anni Trenta dei prestiti obbligazionari garantiti dallo Stato, risolvendo in questo modo il problema della scarsità di capitali privati. L'IRI si diede una struttura che raggruppava le sue partecipazioni per aree merceologiche: l'Istituto sottoscriveva il capitale di società finanziarie (le "caposettore") che a loro volta possedevano il capitale delle società operative; così nel 1936 nacque la Finmare, nel 1937 la Finsider e la STET, poi nel dopoguerra Finmeccanica, Fincantieri e Finelettrica.
Nel dopoguerra la sopravvivenza dell'Istituto non era data per certa, essendo nato più come una soluzione provvisoria che con un orizzonte di lungo termine; di fatto però risultava difficile per lo stato cedere ai privati aziende che richiedevano grandi investimenti e davano ritorni sul lunghissimo periodo. Così l'IRI mantenne la struttura che aveva sotto il fascismo. Solo dopo il 1950 la funzione dell'IRI fu meglio definita: una nuova spinta propulsiva per l'IRI venne da Oscar Sinigaglia, che con il suo piano per aumentare la capacità produttiva della siderurgia italiana strinse un'alleanza con gli industriali privati; si venne così a creare un nuovo ruolo per l'IRI, cioè quello di sviluppare la grande industria di base e le infrastrutture necessarie al paese, non in "supplenza" dei privati ma in una tacita suddivisione dei compiti. Ne furono esempi lo sviluppo dell'industria siderurgica, quello della rete telefonica e la costruzione dell' Autostrada del Sole, iniziata nel 1956. Vedremo come il nuovo corso dell'IRI avrà un profondo impatto sul settore pubblico dell'economia italiana e sul miracolo economico.
Un altro fondamentale esempio di enti partecipati è l'insieme delle società nate in seno al settore della previdenza sociale: INPS, INAIL, INAM. Un altro è quello di enti nati in passato per meschini scopi e foraggiati ininterrottamente anche fino agli anni 80: l'EGELI, nato per amministrare i beni confiscati agli ebrei italiani e soppresso solo nel 1976, o l'ONOG.

Tratto da STORIA CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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