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I presupposti della rinascita Greca - 1800 -



Singolare documento di cultura che si attarda in forme antiquate, ci appare la personalità e l’opera di Cesario, o Costantino, Daponte (1714-1784). Egli ci si presenta soprattutto come verseggiatore, autore di prolisse e interminabili composizioni didattiche e moraleggianti, quali “Lo specchio delle donne” (Venezia, 1776) e “Il giardino delle Grazie” (Atene, 1880).
I segni del rinnovamento appaiono più chiari nella seconda metà del secolo XVIII. Sorgono uomini nuovi, non immobili nel culto del passato, ma aperti alle esigenze del presente e consapevoli del futuro. Mercante e dotto, Giorgio Zaviras (1744-1804), macedone di Siàtista, che trascorse gran parte della sua vita in Ungheria, concepisce l’idea di disegnare un quadro della cultura greca nell’età della turcocrazia. L’opera, intitolata dall’autore “Nuova Ellade”, o “Teatro ellenico”, è una serie di biografie, e fu pubblicata postuma ad Atene, nel 1879.
Si registra anche il ritorno allo studio metodico degli scrittori greci antichi.
Adamanzio Korìas, nato a Smirne nel 1748, dopo aver compiuto i primi studi presso la Scuola Evangelica di quella città, era stato dal padre, oriundo (o emigrato di II generazione, ovvero chi è nato in un luogo ma ha genitori o antenati emigrati) di Chio, inviato in Olanda come corrispondente commerciale. Qui studiò antichi scrittori greci. Si stabilì a Parigi, poco prima che cominciasse la Rivoluzione francese (1789), per consacrarsi alla edizione e alla esegesi degli antichi scrittori greci, acquistando fama europea di ellenista. Alimentò la speranza di contribuire con la cultura al risorgimento dei suoi connazionali. Occupate nel 1797, da truppe francesi, le Isole Ionie, spera anch’egli in una possibile liberazione della Grecia vicina. Nel 1801 esorta i greci ad aiutare i francesi in Egitto e a collaborare col Bonaparte. Nel 1802 traduce l’opuscolo del Beccaria sui delitti e le pene, e lo dedica alla neo-costituita Repubblica delle Isole Ionie. Nel 1803 scrive in francese una dissertazione “Sullo stato presente dei greci”. Le speranze del Bonaparte andarono deluse.
Nella dibattuta questione della lingua, il Koraìs propugnò una soluzione ragionevole e temperata, fu, cioè partigiano di una lingua intermedia, non lontana dall’uso corrente. Osteggiato dai puristi, finì tuttavia per essere confuso con loro, anche per il non felice tentativo di epurare la lingua corrente, sopratutto dai vocaboli stranieri.
Oltre agli scritti filologici, lasciò un ricco epistolario di notevole interesse, anche come fonte storica per il suo tempo, e in particolare per la Rivoluzione francese. Morì a Parigi nel 1833.
Netta è in favore della lingua volgare la posizione dell’epirota (proveniente dall’Epiro) Giovanni Vilaràs (1771-1823). Aveva studiato medicina a Padova e fu medico personale di Velì, figlio del pascià Giànina. Stampò nel 1814 a Corfù, sotto il titolo “Romèiki Glossa”, oltre a propri versi, una traduzione del Critone platonico e parte del secondo libro di Tucidide (“La guerra del Peloponneso”). Alle traduzioni è premessa una breve introduzione che difende le radicali idee dell’autore in fatto di morfologia e ortografia.

Tratto da LINGUA E LETTERATURA NEO-GRECA di Gabriella Galbiati
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