La mimica nella cultura occidentale
La mimica è l’insieme dei movimenti del viso. La cultura occidentale li ritiene i più espressivi e i primi rivelatori delle sensazioni e dei sentimenti del soggetto.
Rosa distingue, dal punto di vista della forma dell’espressione, otto distinte parti simmetriche del viso, disposte a quattro a quattro, e determina che il grado zero sia il parallelismo delle linee rispetto alle quattro orizzontali. Questo caso è quello della calma, mentre quelli della deviazione delle linee sono gli altri affetti fondamentali in base ai quali l’autore classifica i gesti del viso: meraviglia, paura, rabbia, ira, dolore, soddisfazione eccetera.
In teatro i gesti si possono classificare per forma (o significante) e per significato.
Per forma ci si basa sulla frequenza della deformazione e sulla quantità e qualità della deformazione rispetto al grado zero.
- Frequenza della deformazione (= gesti rari o frequenti): i mutamenti di espressione possono essere rari o frequenti in una determinata unità di tempo. Il gesto facciale può dare poche o molte notizie su chi lo esprime; i singoli gesti possono trasformarsi vicendevolmente in maniera veloce (e si parlerà di viso mobile) o sostituirsi con una certa secchezza (e si parlerà di mimica discreta). La mimica degli attori brechtiani, ad esempio, è una mimica discreta: dà rilievo a poche azioni mimiche particolarmente significative. Un mimica mobile è difficilmente percettibile a teatro, e molto più semplice da osservare al cinema, grazie alle inquadrature in primo e primissimo piano.
- Quantità e qualità della deformazione rispetto al grado zero (= deformazione intensa/moderata, totale/parziale): l’intensità della deformazione è connessa ai problemi di percezione: se un’espressione è appena accennata difficilmente verrà distinta da lontano; se un’espressione ha un forte indice di deformazione non viene percepita smorzata ma per quello che è realmente.
Per significato si distinguono cinque casi.
- Gesti come espressione pura. Sono gesti sintomatici o convenzionali, perché informano solo sullo stato d’animo del soggetto. Rido perché sono allegro (sintomatico) o perché voglio mostrarti che sono allegro (convenzionale).
- Gesti in cui l’espressione convenzionale contiene un referente. Rido per mostrarti che mi sei simpatico e concordo con ciò che dici.
- Doppia significazione. Rido per cortesia ma dal sorriso traspare la mia tristezza. In questo caso il messaggio è sintomatico ma il referente
poggia su una dimensione iconico falso indexicale. In questo caso la bravura dell’attore sta nel rendere credibile questa doppiezza, e non nel risolverla.
- Gesti puramente referenziali. Si distinguono in deittici – iconici (indicano qualcosa o qualcuno, o lo rappresentano) e simbolici (strizzare l’occhio a qualcuno, ad esempio).
- Mimica astratta. Tenta di abolire il riferimento formale al viso per rilevare solo il gioco di linee e volumi.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Gherardo Fabretti
[Visita la sua tesi: "Le geometrie irrequiete di Fleur Jaeggy"]
[Visita la sua tesi: "Profezie inascoltate: il "Golia" di Giuseppe Antonio Borgese"]
- Università: Università degli Studi di Catania
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Letterature comparate
- Docente: Domenico Tanteri
- Titolo del libro: Leggere il teatro
- Autore del libro: C. Molinari - V. Ottolenghi
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