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La quaestio de res nullius in Spagna (1600)


La tesi era comunque poco solida e in mancanza di essa in Inghilterra e in Francia si fece largo l'idea di utilizzare uno degli argomenti del diritto romano, quello del res nullius. Si sosteneva che tutte le cose vuote, incluse le terre libere, restavano comune proprietà dell'umanità intera fino a quando venissero destinate a un certo uso, di solito di tipo agricolo; il primo a usare la terra in questo senso ne diveniva proprietario. Un esempio esplicativo di questo modo di intendere la colonizzazione lo troviamo nell'Utopia di Moro dove si racconta che gli utopiani  si mescolano ai nativi se essi sono disposti a coabitare, altrimenti gli fanno la guerra perchè quel popolo non sfrutta adeguatamente le risorse della terra, privando gli altri della sua utilizzazione, che gli spetta secondo legge di natura. Con poche eccezioni questo fu l'argomento utilizzato dai coloni inglesi a partire dal 1620. L'argomento delle res nullius fu abbondantemente utilizzato anche dai francesi che per parte loro furono molto attenti, per lo meno agli inizi, ad occupare terre che gli indigeni consideravano inutili e  immeritevoli di difesa. Stabilendosi, inglesi e francesi, in territori dove gli indiani non facevano altro che andare a caccia acquisivano diritti di proprietà, migliorandoli, come si usava spesso dire all'epoca. Jim Tully recentemente ha connesso la necessità storica di dar valore alle pretese sulla res nullius con il famoso argomento di Locke contenuto nel Second Treatise on Government, in base al quale l'uomo acquista dei diritti di proprietà solo quando qualunque cosa rimuova dallo stato di natura, egli mescola ad essa il proprio lavoro e vi unisce qualcosa che gli è proprio. Dato che gli indigeni non erano proprietari terrieri ma cacciatori, quella proprietà che era diventata tale per mano dei coloni, se espropriata dagli indigeni avrebbe dovuto legalmente scatenare una rappresaglia in conseguenza della violazione della legge di natura.  Secondo Tully la tesi di Locke non poteva essere applicata al caso americano, pena la violazione del famoso principio del consenso, pilastro fondamentale del diritto occidentale: quanto riguarda tutti deve essere discusso e approvato da tutti.
La risposta spagnola.
Gli spagnoli avevano tentato di aggirare questo principio rifacendosi alla pretesa papale di imporre il consenso nella predicazione della fede, oppure giustificarono le conquiste asserendo che chiunque fosse in grado di riconoscere (anche ex post) che qualcosa rispondeva ai suoi interesse, poteva considerarsi consenziente; dunque gli indigeni pur non rendendosi al momento conto di quanto fosse importante per loro convertirsi al cristianesimo e l'ordine civile che governava la città europea, era evidente che sarebbero arrivati ad ammetterlo. È evidente che gli spagnoli erano interessati maggiormente alle persone, mentre gli inglesi alle cose, alla terra.

Tratto da LA NASCITA E L'EVOLUZIONE DELL'IMPERIALISMO di Gherardo Fabretti
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