Visione artificiale. Immagini intrinseche e segmentazione
Ora tutte queste caratteristiche della percezione servono per cogliere il passaggio da una visione di basso livello ad una di livello alto. Per far ciò dobbiamo servirci di quelle che Ballard e Brown hanno chiamato immagini intrinseche intendendo con questa espressione tutte quelle rappresentazioni in cui a ciascun pixel dell’immagine vengono associate profondità, orientamento, colore. Ma tale tipo di rappresentazione è di per sé insufficiente a descrivere in maniera compiuta una scena. Ciò che si deve utilizzare è la segmentazione. Tale espressione risulta alquanto ambigua: se con essa si intende la separazione di un determinato oggetto da un altro che è stato codificato nell’immagine si cade facilmente in un paradosso. Se infatti bisogna separare l’oggetto che si vuole codificare da un altro vuol dire che esso è già stato codificato come tale. In effetti non esiste una teoria in linea generale che offra una soluzione a questo problema. La tecnica che si utilizza è quella dei raffinamenti progressivi che hanno come obiettivo quello appunto di identificare un oggetto concentrando l’attenzione progressivamente su una parte dello spazio all’interno della quale si vuole “scorgere” l’oggetto.
Questo modo di procedere implica che l’attenzione ricada tutta sull’oggetto a prescindere dal punto di vista dal quale esso viene osservato. Per questo motivo la tecnica dominante nella VA è stata quella che procede per scomposizione dell’oggetto che si osserva in parti volumetriche elementari, dando ad esse una struttura gerarchica.
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Dettagli appunto:
- Autore: Carlo Cilia
- Università: Università degli Studi di Catania
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Filosofia della scienza
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