Marie-Jean-Antoine-Nicolas de Caritat
Condizioni del progresso
Nel pensiero di Condorcet si ha un'elaborazione più articolata dell'idea di progresso. Malgrado i grandi contributi dati alle idee della Rivoluzione francese, egli ne è stato una delle vittime più illustri, colpito dagli ingiusti sospetti di Robespierre. Nella sua opera il filosofo ribadisce, malgrado l'ingiustizia patita, la sua fede nel perfezionamento indefinito della specie umana, visto come una legge generale della natura. La Rivoluzione francese è una fase di una vasta trasformazione dell'umanità che dovrà estendere al mondo morale e politico i valori razionali del progresso e della libertà. Progredire vuol dire per lui distruggere la disuguaglianza fra le nazioni, radicare il principio dell'uguaglianza all'interno di ciascuna di esse e migliorare la qualità della vita umana sia a livello esistenziale che a livello collettivo. Non ci può essere progresso se non cessa l'insolenza delle usurpazioni dei popoli privilegiati su quelli più deboli ed arretrati e se non si modificano i rapporti fra le nazioni sostituendo allo spirito di conquista una logica di cooperazione. Condorcet è stato critico di una politica coloniale rivolta ad espropriare ed a sottomettere i popoli considerati inferiori e ha invece insistito sul dovere di dare loro, con generosità, una parte di ciò che le nazioni progredite hanno accumulato. Sarebbe più promettente il destino dell'umanità se le nazioni ricche diventassero utili strumenti per l'emancipazione di quelle povere e si presentassero davanti a loro in modo più civile e ragionevole. Lo sviluppo delle arti, delle scienze, della cultura deve essere in primo luogo destinato ad eliminare la bellicosità fra gli stati. La prospettiva più positiva per le nazioni civili sembra a Condorcet quella di realizzare fra di loro delle "confederazioni perpetue" in modo che ciascun popolo, garantito nella sua indipendenza, possa collaborare pariteticamente con gli altri. Altra condizione essenziale del progresso è una trasformazione in senso democratico della costituzione politica e di quella sociale; l'ordine istituzionale dello stato deve fondarsi sul rispetto dei diritti fondamentali degli uomini. Per progredire bisogna rimuovere l'opinione assurda che la costituzione politica tragga il suo valore solo dalla sua lunga durata e che, una volta data, essa debba rimanere invariata: le istituzioni umane sono sempre suscettibili di nuova perfezione e perciò modificabili in relazione alla scoperta di verità più progredite ed utili che tutti i cittadini sono ugualmente legittimati a cercare. Il principio dell'uguaglianza naturale dei cittadini deve essere sempre rispettato e ciò esige l'abolizione di ogni privilegio ereditario e di ogni esclusivismo di casta o di ricchezza nell'esercizio delle funzioni pubbliche.
La sovranità popolare è il fondamentale criterio di legittimazione politica e giuridica. Tutti i membri della comunità nazionale hanno perciò diritto di voto attivo e passivo e Condorcet è stato il primo autore politico a chiedere esplicitamente l'estensione del suffragio universale alle donne, la cui esclusione dalla vita pubblica gli sembrava un inammissibile arbitrio. Rimane per gli elettori la condizione limitativa di essere contribuenti ma è bastevole a tal fine una modica tassazione. La libertà politica non deve essere intesa come diritto di scegliere coloro che dovranno dominarci ma come diritto a non essere in alcun modo sottomessi, come garanzia contro ogni autorità coercitiva. Il nome stesso di potere dato a tutte le funzioni pubbliche prova per Condorcet l'inveterata abitudine degli uomini ad obbedire ad altri uomini ed ad accontentarsi di quella "semi.libertà" che consiste appunto nello scegliere i propri padroni. Bisogna invece acquisire una "libertà intera", la sola che possa impedire e prevenire i cosiddetti abusi della libertà, sempre connessi in realtà ad un suo esercizio parziale ed incoerente. Obbedire alla sovranità popolare vuol dire rispettare la volontà della maggioranza ma il potere della maggioranza sulla minoranza non è illimitato e arbitrario. La "ragione collettiva del maggiore numero", alla quale deve riconoscersi un certo carattere di indipendenza, non ha tuttavia alcun diritto di asservire la minoranza né di conculcare quei diritti naturali degli individui che per Condorcet sono anteriori alle istituzioni sociali. Le prerogative e le competenze della sovranità, anche di quella di origine popolare e democratica,non sono assolute. Il corpo legislativo non può abusivamente limitare, con un suo insindacabile giudizio, il libero esercizio delle attività, dei mestieri e delle professioni sociali. Ogni cittadino è libero di scegliere il proprio domicilio dentro e fuori lo stato senza perdere alcuno dei propri diritti; l'autorità pubblica non può privare della libertà i cittadini senza l'autorizzazione di un tribunale regolare; la libertà di stampa, di religione, di associazione deve essere pienamente garantita; la proprietà, l'industria e il commercio non devono essere intralciate arbitrariamente dai pubblici poteri; a ciascuno deve essere riconosciuto il diritto di procurarsi le cose necessarie ai suoi bisogni attraverso il lavoro e l'intelligenza. Il benessere generale di una "grande società" non segue la stessa logica della politica di potenza degli stati e presuppone anzi critiche e contestazioni nei confronti delle categorie politiche tradizionali.
Matematica e società
Il pensiero democratico di Condorcet dimostra anche una certa sensibilità verso i problemi sociali. Il pauperismo, che degrada i padroni come i servi, deve essere curato attraverso la riforma di quelle combinazioni sociali ed economiche che l'hanno provocato. Fin quando sussiste questa epidemia sociale c'è un'ipoteca pesante sulla legittimità dello stato e c'è un vizio corrosivo nell'idea di progresso che ha nell'uguaglianza la sua fondamentale vocazione umana e storica. Non consegue tuttavia da questi riconoscimenti e da queste denunce la disponibilità di Condorcet ad iniziative di giustizia distributiva affidate ad una centralità potestativa, ad un dispotismo illuminato che tolga agli uni per dare agli altri; egli predilige, per la ripartizione delle ricchezze sociali, degli strumenti mediati ed indiretti. Si tratta quindi di eliminare dalla legislazione gli elementi arcaici ed anacronistici per consentire una più attiva dinamica di tutte le risorse e le attività economiche. Si dovrebbe inoltre impedire che il credito continui ad essere un privilegio connesso alla grande fortuna e concederlo invece a tutte le imprese individuali ed associative capaci di sostenere l'emancipazione dei ceti inferiori. Sarebbe, d'altra parte, vantaggioso applicare anche ai sistemi previdenziali quei metodi matematici che, a suo giudizio, favorirebbero lo sviluppo di tutte le scienze sociali; egli propone così un sistema mutualistico di assistenza in cui, attraverso il calcolo delle probabilità, si stabiliscano misure protettive per i ceti più indigenti. Le conoscenze sociali sono essenzialmente probabilistiche e ciò smentisce il dogmatismo ma smentisce allo stesso modo lo scetticismo e lo spirito di rinuncia. Anche con il probabilismo i comportamenti sociali possono trovare un "motivo di credere" e servirsi di tale fede pubblica per contrastare ciò che nella società provoca l'impoverimento, insicurezza e stagnazione.
Educazione e democrazia
Grande importanza per lo sviluppo delle idee democratiche Condorcet dà all'educazione e al sistema dell'istruzione pubblica; questo tema essenziale della sua meditazione sarà fatto proprio dal quel gruppo di intellettuali e di politici a lui più vicini che formeranno la corrente cosiddetta degli Ideologi. Essi volevano che la Rivoluzione francese fosse anche una rivoluzione nell'educazione e che il progresso sociale fosse assecondato e garantito dal perfezionamento qualitativo e dallo sviluppo quantitativo dell'istruzione. Da un efficace organizzazione dell'educazione pubblica dipende la possibilità di criticare tutti i falsi simboli culturali e morali su cui si regge la disuguaglianza e di preparare quindi le condizioni per una progressiva affermazione dei principi di equità. L'istruzione non deve rimanere un privilegio, non deve occuparsi di cose che hanno pochi contatti con la vita né esaurirsi in un semplice abbellimento dell'anima ma deve rivolgersi a tutti e insegnare ai cittadini le regole fondamentali dell'economia domestica e sociale, dando loro le cognizioni necessarie all'amministrazione dei propri affari, allo sviluppo della loro iniziativa creativa, alla tutela della propria libertà. L'istruzione pubblica deve essere universale e totalmente gratuita e deve inoltre continuare e rinnovarsi, in varie forme, lungo tutta la vita in modo che le conoscenze culturali acquisite nella scuola non si cancellino e possano sempre utilmente confrontarsi con la realtà del lavoro e della produzione. L'educazione insegna ai cittadini a difendersi dai pregiudizi e dagli inganni e dà loro coscienza dei loro diritti.
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Autore:
Viola Donarini
[Visita la sua tesi: "Domitia Longina, imperatrice alla corte dei Flavi"]
- Università: Università degli Studi di Milano
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Corso: Storia
- Esame: Storia delle categorie politiche
- Docente: Maria Luisa Cicalese
- Titolo del libro: Il pensiero politico dall'Umanesimo all'Illuminismo
- Autore del libro: Antonio Zanfarino
- Editore: CEDAM
- Anno pubblicazione: 1998
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