Giovanni Calvino
Origini e sviluppo del Calvinismo
L'altro grande filone della Riforma protestante è il Calvinismo. Jean Calvin, francese di origine, ha svolto la sua opera in Svizzera, in particolare a Ginevra, ed il Calvinismo ha assunto un carattere diffusivo, dando l'impronta maggiore all'evangelismo del mondo moderno e riuscendo anche a presentarsi come un fermento di solidarietà e di comprensione internazionali. Calvino è rigoroso e sistematico; la sua opera fondamentale, Institution de la Religion Chréstienne è un esempio di monumentalità teologica. Dove il Calvinismo si è subito affermato (come a Ginevra, diventata una specie di città-chiesa), esso dominava anche il mondo della politica e condizionava direttamente tutta la vita sociale. Il calvinista è perennemente mobilitato nelle attività civili e porta la sua vocazione anche negli affari pubblici; le infrazioni alle regole comportavano dei procedimenti davanti al Concistoro, un organo misto composto da ministri del culto ed anziani, costituito come assemblea deliberante e tribunale posto a garanzia dell'unità religiosa e della disciplina dei comportamenti privati e pubblici. Eppure il Calvinismo ha conosciuto delle evoluzioni importanti che lo hanno portato alla difesa della legittimità del diritto di dissenso, di opposizione e anche di insurrezione contro il potere arbitrario, all'affermazione di un certo spirito democratico e ad una originale visione del mondo dell'economia e dell'etica del lavoro.
Predestinazione e attività creativa
Sul piano teologico il Calvinismo è caratterizzato da un'accentuazione del dogma della predestinazione: la salvezza viene attraverso la grazia e non dipende dalle opere dell'uomo; Dio sceglie chi si salva attraverso la sua imperscrutabile volontà. Il Calvinismo non indulge tuttavia all'inerzia, non assume atteggiamenti puramente mistici ed ammette invece che la nostra elezione abbia una connessione con la nostra vocazione all'attività e con la nostra attitudine a mettere ordine nei nostri affari e a cercare rimedi contro i mali e i pericoli della vita. Nessuno sa se Dio lo ha prescelto ma il calvinista può pensare di essere nel novero dei privilegiati e di aver ricevuto dall'intervento diretto di Dio una valorizzazione straordinaria. Carattere fondamentale della predestinazione calvinista è che questa scelta di Dio è irrevocabile; di qui la fiducia del calvinista in se stesso e la sua attitudine a superare la dispersione mistica per volgersi all'azione creativa. La predestinazione si estende anche alle comunità ecclesiali e ai gruppi sociali e Dio presceglie tali collettività perché si rendano dinamiche e capaci di realizzazione; attraverso la predestinazione Calvino valorizza dunque l'individuo ma anche lo spirito comunitario. Tutto questo crea un'animazione spirituale particolarmente intensa ed un attivismo nei rapporti sociali ed economici. Anche in ciò il calvinismo è diverso dal conservatorismo luterano che prediligeva un'economia corporativa in cui le professioni erano preventivamente stabilizzate ed irreggimentate in un ordinamento gerarchico e autoritario, inteso come emanazione della volontà divina e che quindi imponeva a ciascuno il dovere religioso di rimanere negli status assegnati. Nel Calvinismo ci sono naturalmente tutte le tradizionali remore religiose nei confronti dell'accaparramento, dell'usura e dell'uso improprio del denaro ma è accettato il principio che la spiritualità religiosa possa manifestarsi anche nel campo degli affari economici perché Dio vuole l'efficacia dell'azione sociale del cristiano e perché il lavoro posto al servizio dell'utilità pubblica esalta la gloria di Dio. Se c'è una possibilità di successo negli affari, va perseguita perché Dio stesso ce la offre; d'altronde tale successo richiede impegno, dedizione, perseveranza che sono qualità positive e, in certo senso, manifestazioni di una specie di ascetismo mondano, mentre la ripugnanza al lavoro denota assenza della grazia. L'inazione, anche se sublimata dalla contemplazione, è sprovvista di valore; la vita oziosa e parassitaria è antireligiosa mentre nel lavoro si rivela la volontà di Dio. Impegnarsi in imprese che hanno a che fare con il denaro non è quindi peccato, mentre lo è il dipendere da altri senza dare il proprio personale contributo creativo. Il lavoro è disciplina di rigore, di metodo e di razionalità che sottrae a tentazioni degradanti però mai essere schiavi dell'oro che va usato non per opprimere gli altri ma per cercare benefici comuni. Di qui il dovere del calvinista di rimettere in circolazione e di socializzare il suo profitto con continue elargizioni del superfluo e con la preoccupazione dei bisogni altrui. Chi può deve aiutare le parti diseredate, rinunciando alle rendite parassitarie ed a un godimento puramente individualistico della ricchezza.
Il diritto di opposizione
Mentre il Luteranesimo si è consolidato negli stati tedeschi più disponibili ad accoglierlo come religione nazionale, il Calvinismo (a parte Ginevra, Boston ed altre colonie americane dove ha imposto la sua egemonia) si è presentato in altri paesi, specialmente in Francia e in Scozia, come partito di minoranza rispetto al Cattolicesimo legandosi, anche per motivi contingenti, a certi ceti piuttosto che ad altri (in Francia agli Ugonotti, in Scozia si presentava come un movimento popolare). L'esperienza di partito di minoranza ha determinato nel Calvinismo un atteggiamento più portato a difendere i propri diritti che a rinunciarvi in base alla dottrina dell'obbedienza passiva. Il principio che resistere all'autorità significa resistere all'ordine dato da Dio, era stato originariamente affermato da Calvino in modo non dissimile da Lutero; questo principio trovava la sua applicazione specialmente a Ginevra, dove il calvinismo era dominante. Dove il partito calvinista era minoritario, appariva più importante garantire il diritto di dissenso e di opposizione attraverso strumenti politici ed istituzionali da far valere anche nei confronti del potere costituito. Di qui una modificazione significativa delle prime idee di Calvino, modificazioni da lui stesso accettate. Questo mutamento di prospettive è alla base del movimento dei Monarcomachi in Francia e delle prime dottrine moderne del diritto di resistenza al potere da parte delle comunità popolari oppresse. In tali dottrine si sostiene che il sovrano non può fare tutto quello che vuole come se fosse l'immagine di Dio e s'avanza l'idea che Dio conferisce una legittimazione politica direttamente al popolo, il quale diventa così titolare di diritti propri. Ciò apre la via ad un processo di costituzionalizzazione dello stato, in cui la sovranità del popolo emerge contro le pretese assolutistiche della regalità. E' da osservare tuttavia che in queste teorie calviniste l'idea di popolo ha ancora un forte impianto corporativo: non il popolo come insieme di individui ma come insieme di comunità. Allo stesso modo il concetto di rappresentanza che il Calvinismo propone è rappresentanza di corpi sociali più
o meno gerarchizzati; d'altra parte la protesta e la contestazione non competono direttamente al popolo ma a dei magistrati che sono gli intermediari tra sudditi e sovrano. Tutti i principi, anche quelli politici, si deducono dalla teologia che rimane alla base della vita: il Vangelo si pone come la vera carta costituzionale. Una volta rimosso il dogma dell'obbedienza passiva, non vi è nel Calvinismo nulla che sia incompatibile con certe idee liberali che più tardi saranno fatte valere con criteri razionali. Non vi è nulla che sia di ostacolo teologico allo sviluppo dell'individualismo, alla valorizzazione del lavoro e dell'attività produttiva e alle garanzie nei confronti del potere. L'affermazione del Luteranesimo e del Calvinismo si è accompagnata a interminabili guerre di religione che d'altronde Lutero prevedeva; questo scisma, come aveva intuito Erasmo, sarebbe stato matrice di una dilacerazione europea e avrebbe per lungo tempo compromesso la stabilità dell'ordine politico.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Viola Donarini
[Visita la sua tesi: "Domitia Longina, imperatrice alla corte dei Flavi"]
- Università: Università degli Studi di Milano
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Corso: Storia
- Esame: Storia delle categorie politiche
- Docente: Maria Luisa Cicalese
- Titolo del libro: Il pensiero politico dall'Umanesimo all'Illuminismo
- Autore del libro: Antonio Zanfarino
- Editore: CEDAM
- Anno pubblicazione: 1998
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