Etienne de la Boétie
La critica al dispotismo
Mettendosi al di fuori della mischia, Montaigne sancisce in modo drastico la separazione fra l'uomo privato che coltiva il proprio io e il cittadino ancora sottoposto ad un mondo politico; da una parte quindi l'introspezione spirituale, dall'altra l'affidamento al costume ed alle abitudini. Una lezione di grande umanesimo e grande lungimiranza culturale, quella di Montaigne, ma allo stesso tempo una dichiarazione di impotenza ed una accettazione passiva di ciò che esiste. Una posizione politicamente più audace viene presa da Etienne de la Boétie, il più grande amico di Montaigne, che ha scritto una breve opera intitolata Discours de la servitude volontaire. Il problema che egli si pone nella sua opera è questo: come si spiega che il potere politico di uno solo riesca a creare un sistema organico e diffuso di servitù, suscitando negli uomini disposizione volontaria all'obbedienza passiva ed assuefazione ai meccanismi perversi di un'autorità egemonica. Conoscendo meglio la logica del potere si può sperare di apprendere anche come reagirvi e come controllarlo. La preoccupazione di La Boétie non è di natura religiosa ma prevalentemente ideale e politica. Nata in un'epoca in cui tutto è dominato dalla disputa religiosa che sconfina nella legittimazione della guerra santa, quest'opera esalta piuttosto la santità del diritto dei popoli e la sacralità degli uomini contro il demoniaco del dispotismo. Egli non si presenta né come un protestante né come un cattolico ed aspira piuttosto alla riconciliazione religiosa nell'ambito di un "cattolicesimo riformato".
I diritti del popolo
Il Discours risente certo della reminiscenza di evocazioni classiche della libertà contro la tirannia e sembra avere le sue radici in quella tradizione di Cicerone e dello Stoicismo che esalta la purezza e la compostezza armonica della libertà e condanna invece la tirannia come abbruttimento dell'anima, come violazione di diritti di natura, come lesione dei fondamenti della coesistenza. Quest'opera ha comunque esercitato un'influenza nel suo tempo e ha anticipato delle tesi che saranno fatte proprie dalla critica illuministica e rivoluzionaria. In queste riflessioni le nozioni di libertà naturali, di diritti individuali e di sovranità popolare cominciano ad emergere. La ricerca della libertà è una legittima aspirazione del popolo, il quale ha diritto a ragionare sulla propria obbedienza per comprendere quanto vi è in essa di giusto e quanto di arbitrario e quanto l'essere governati debba essere diverso dall'essere tirannizzati.
Il diritto del popolo vieta l'illusione che ci si possa attendere qualcosa di buono dalla benevolenza di un sovrano assoluto; il dovere degli uomini è di non assecondare mai il formarsi di un potere assoluto. La verità da far sempre valere è che se non c'è libertà tutto si inaridisce e si degrada; il segno distintivo dell'anima umana è appunto la libertà che sancisce la superiorità dell'uomo sull'animalità e sulla naturalità. Tale libertà è per La Boétie un diritto di natura, una natura intesa come legittimazione dell'individuo in quanto essere capace di libera ricerca, libero arbitrio e libera determinazione. La libertà pertanto non è qualcosa di dato ma è una facoltà dell'uomo che progredisce con la sua moralità e creatività e con il suo impegno costante a non farsela espropriare; reagire alla tirannia sancisce quindi un dovere naturale inerente al diritto naturale della libertà.
Natura ed autorità
La Boétie cerca di comprendere perché tutti gli uomini, che pure sono nati liberi, sono sempre in catene e si tratta perciò di spiegare come queste catene si formano e si perpetuano, per cercare di comprendere come esse possono essere infrante dalla volontà umana. L'origine della società, riconosce La Boétie, è legata alla forza ed alla coercizione. Qualcuno più energico ed ambizioso si è impadronito degli altri imponendo loro dei legami artificiali per vincolarli al suo potere. L'obbedienza è nata da un atto di violenza esercitato sulla libertà naturale degli uomini ma tale obbedienza, che all'origine è stata sofferta come una lesione, si è trasformata poi in abitudine ed assuefazione. Questa meccanica, sempre ripetuta, di comandi e di obbedienze, di dominio e di sottomissione ha consentito di far apparire la discriminazione fra gli uomini come una legge munita di una necessità non solo naturale ma anche etica e addirittura metafisica. Anche per La Boétie, come per Montaigne, il costume, la ripetizione, la tradizione, l'assuefazione possono mettersi al posto della natura e far penetrare i germi nefasti della servitù nei nostri comportamenti abituali e così il "naturale" degli uomini, cioè la loro originalità, spontaneità e semplicità viene alterato, condizionato e represso.
Le gerarchie del potere
Ma ci si può chiedere ancora, insiste La Boétie, come sia possibile che un uomo solo abbia questo straordinario potere di piegare a sé le moltitudini. Il fatto è, spiega La Boétie, che il potere tirannico ha una straordinaria capacità di articolarsi, di diffondersi e di gerarchizzarsi attraverso reti di clientela che, a loro volta, si riproducono creando nuovi tiranni e nuove forme di costrizione. Il potere di uno si trasmette al potere di pochi i quali, a loro volta, ne trasmettono alcune parti ad altri e così di seguito; l'oppressione si perfeziona quindi attraverso una distribuzione gerarchica dell'autorità. La grande abilità del tiranno sta nel fare in modo che ciascun uomo sia tiranno nei confronti dell'altro uomo: lo scopo del dispotismo è che i sudditi abbiano diffidenza reciproca nei loro rapporti e non conoscano quel presupposto della libertà che consiste nel fatto che nessun uomo abbia paura dell'altro uomo. Il potere arbitrario tuttavia, dietro la presunta compattezza del suo sistema coercitivo, presenta una costitutiva debolezza: l'antisocialità e l'incapacità di creare relazioni di solidarietà e di amicizia. E' giusto dunque cercare di liberarsi dalla tirannia per virtù propria, per forza di cultura, per mobilitazione di energie morali e politiche ed anche per obbligo religioso, obbligo suscitato da quella religione che non deve essere fanatismo ma esperienza spirituale fondata sul principio che Dio ama la libertà. Queste ispirazioni di La Boétie risentono di uno stile declamatorio intriso di reminiscenze classiche ma, nelle vicende del suo tempo e soprattutto in epoche successive, sono apparse come un esplicito, positivo incitamento a negare la metafisica del potere assoluto e la pratica dell'intolleranza e dell'arbitrio.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Viola Donarini
[Visita la sua tesi: "Domitia Longina, imperatrice alla corte dei Flavi"]
- Università: Università degli Studi di Milano
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Corso: Storia
- Esame: Storia delle categorie politiche
- Docente: Maria Luisa Cicalese
- Titolo del libro: Il pensiero politico dall'Umanesimo all'Illuminismo
- Autore del libro: Antonio Zanfarino
- Editore: CEDAM
- Anno pubblicazione: 1998
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