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Le componenti verbali e visive di Cronaca di un amore - Antonioni -


Delle foto che vengono fatte passare, e che si ammucchiano su di una scrivania, colte dall’occhio di chi ve le lascia cadere; e una voce off che suggerisce: “No, non è la solita storia; niente sospetti”. Inizia così Cronaca di un amore.
Separiamo adesso le due componenti, quella verbale e quella visiva, e interroghiamo per prima la voce off: questo commento che dai bordi della scena da avvio alla vicenda ha come effetto immediato di marcare la presenza nel film di un narratore, e cioè di qualcuno cui spetta di porgere un racconto, di ambientarlo e di giustificarlo. Costui opera tuttavia sotto il segno di un dubbio, anzi di un’incertezza almeno duplice; infatti la prima parte della frase può significare in due modi diversi:
“No, non è il solito compito cui sono chiamato”.
La negazione riguarda le ragioni che lo hanno spinto in campo, le responsabilità che ci si attende vengano affidate a chi prende la parola per guidare la rappresentazione. In questo senso ciò da cui si allontana è essenzialmente il narratore del cinema a ridosso del nostro film, quella voce off che volentieri introduce e punteggia i film neorealisti: chi parla è un noi, e cioè un soggetto che ha vissuto direttamente un avvenimento collettivo e che nello stesso tempo ne restituisce una versione ufficiale, la somma di tutti i protagonisti e nello stesso tempo una memoria, un archivio. Contro una tale assegnazione di compiti, contro tali responsabilità, questa voce off rivendica in sé un altro statuto:
- da un lato infatti si tratta di una parola al singolare: chi la pronuncia è qualcuno che risponde solo di sé e della realtà e della realtà che lo circonda da vicino – è un io che non ha titoli né per vantare una partecipazione diretta, né per produrre una testimonianza pubblica, ma che si accontenta di tradurre tutto quanto spia in un rapporto confidenziale –;
- dall’altro lato gli eventi con cui si ha a che fare non riguardano dei destini collettivi, ma delle vicende individuali o al massimo di coppia.
Questi due tratti, la singolarità e l’immediatezza, marcano bene il diverso terreno su cui ci si vuol porre: la storia evocata non è più una Storia, ma una cronaca.
“No, non ci sono le condizioni consuete per eseguire ciò a cui sono chiamato”.
Mancano infatti i presupposti per una narrazione, come vien subito chiarito nella seconda parte della frase; manca cioè quel vuoto cosciente di sapere che spinge ad iniziare un racconto e che fornisce il filo per condurlo alla conclusione. Un tale vuoto di sapere consente la narrazione non solo perché gli fornisce i temi attorno a cui ruotare, ma ancor più perché ne prepara e ne sostiene l’esercizio: è appunto la consapevolezza di uno spazio bianco che fa si che si debba e che si possa raccontare, quasi a rispondere ad una sfida o a vincere la paura del silenzio; ed è il riempimento di questo buco improvviso che misura quanto si vuole e si sa raccontare, portando d’un tratto allo scoperto scelte e strumenti già predisposti allo scopo.
Il sospetto insomma è il luogo da cui desumere motivi e attrezzature per orchestrare una storia; è il retroterra che mette in grado il narratore di sostenere la sua parte; in una parola, è ciò che fonde e nutre una competenza. La voce che apre il nostro film si trova letteralmente al buio: oltre che davanti ad un diverso mandato, si scopre anche priva di facoltà di agire.
“No, non è la solita storia”: eppure si racconta. La maniera più semplice di far fronte all’impegno assunto è utilizzare le risorse del mestiere, ma c’è un’altra maniera di onorare il contratto, più sottile che non il ricorso alla routine: basta accettare l’idea di essere di fronte ad un autentico enigma, e comportarsi non come chi deve comunque produrre una storia, ma piuttosto come chi sa decifrare una vicenda gia inscritta nei fatti.
Il narratore lascerà allora il posto ad un narratario, e cioè a qualcuno che è in posizione d’ascolto: a un lettore o a uno spettatore esemplari; è appunto questa la strada privilegiata dal nostro film, che andremo adesso ad analizzarla nei dettagli.


Tratto da CINEMA di Nicola Giuseppe Scelsi
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