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Il destinatario ideale del film in "I ragazzi di Brodaway"



Se dunque nell’interpellazione solo l’enunciatore trova una rappresentazione diretta – e rispetto al nostro quadrato si completa solo il lato sx, oltre a quello superiore – anche l’enunciatario ha modo si segnalarsi, attraverso un’assenza ben calcolata, quale punto con cui si può tentare un approccio e a cui si può domandare di intervenire. Non è un caso allora che è il pubblico di “Hoe Down” raffigurato sullo schermo1, dopo che la Garland ha guardato in faccia a sé, si trovi a danzare con lei, o dopo che il ballerino di tip tap ha lanciato dritto un’occhiata, si collochi a suo fianco, o dopo che Mikey Rooney ha aperto gli occhi davanti a sé, lo prenda a braccetto.
Ciò che tutte queste mosse illustrano, sono appunto le condizioni in cui viene messo il destinatario ideale del film, eletto a partner possibile e subito reso complice, richiesto di avvicinarsi e subito coinvolto nell’azione; insomma lo spettatore messo in scena e quello costruito per raccogliere le immagini e i suoni trovano il modo di scambiarsi reciproche conferme e di esibire insieme il loro statuto; anzi, è proprio quanto da avvio a questa operazione, e cioè il ricorrere a un a parte, piuttosto che il dare una veste all’enunciatore, a risultare cruciale: è perché si fa appello alla platea che poi si arriva a farvisi ospitare, è perché ci si rivolge al pubblico che poi si riesce a scendere in mezzo a esso, è perché si da del tu che si possono ridurre d’un colpo le distanze.
Il brano esaminato, tratto dal film di Berkeley, modella i ruoli di base a cui si conformano le diverse presenze in campo, e a partire da qui detta una linea di condotta di cui le oggettive, registrando delle progressive variazioni topologiche, descrivono man mano le conseguenze; dunque dopo aver visto quanto una configurazione può incidere su una marca stilistica o su una produttiva, si può vedere come essa generi una metafora, qual è in fondo il sogno, qui dato per realizzato, di unire platea e scena. L’interpellazione è veramente il segno di un genere cinematografico1, sia per la frequenza con cui interviene, sia per la capacità di definirne la filosofia: essa fa emergere un tracciato enunciazionale e lo impone in tutte le sue conseguenze.

Tratto da CINEMA di Nicola Giuseppe Scelsi
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