Le Assemblee
Popolari Romane
Tesina d'Esame di Michela Niro
Università degli Studi del Molise - UNIMOL
Facoltà: Giurisprudenza
Corso di Laurea: Giurisprudenza
Esame: Diritto Romano
Docente: Elvira Caiazzo
A.A. 2021/2022LE ASSEMBLEE POPOLARI ROMANE 3
Prefazione
Sin dalle sue origini il popolo romano si riunì in assemblee, istituzioni collegiali, diverse
tra di loro per composizione e funzioni. Troviamo assemblee volte a riunire tutto il
popolo, i comiti, ed assemblee volte a riunire una sola parte della popolazione, i concili.
Parlando di comiti parliamo quindi della riunione di tutto il popolo, patrizi e plebei,
suddiviso in curie in base alla stirpe, comitia curiata, in centurie in base al censo, comitia
centuriatia, e infine in tribù sulla base di residenza e domicilio, comitia tributa. Comitia
significa letteralmente "riunirsi" o "trovarsi in un luogo", da non confondere con
“comitium” che indica invece il luogo di riunione dell’assemblea popolare.
In questo sistema erano i magistrati che le presiedevano ad indire l’adunanza stabilendo
l’ordine del giorno e sottoponendo al voto le proposte di legge che l’assemblea poteva
decidere se accettare o respingere ma non modificare. Il popolo non poteva convocarsi
da solo né assumere da sé alcuna iniziativa. I consoli avevano il potere di adunare il
popolo così come quello di interrompere a propria discrezione tale adunanza per la
comparsa di qualche presagio infausto su avviso degli àuguri, sacerdoti preposti
all’interpretazione della volontà dei dèi osservando il volo degli uccelli, auspicia deriva
infatti da aves specere ovvero “osservare gli uccelli”. Non mancarono situazioni in cui si
fece uso spropositato di questo strumento al fine di bloccare decisioni indesiderate. Il
magistrato poteva convocare e presiedere l’assemblea essendo egli titolare dello ius
agendi cum populo. Poteva convocarlo solo nei giorni adatti, i comitialis, ovvero né i
giorni giudiziari, diesi fasti in senso stretto, né i giorni festivi o nefasti, e in località situata
nell’ager romanus ritualmente inaugurata, il templum, e in forma solenne dopo aver
preso gli auspicia.
Questi organi avevano funzione elettorale, legislativa e giuridica.
Parlando di concili, invece, ci riferiamo all’assemblea di parte della sola plebe.
Concilium letteralmente significa “consiglio”. Questa assemblea prende il nome di
concilia plebis, che successivamente diventerà concilia plebis tributa. Da queste
assemblee saranno esclusi i patrizi cosicché la plebe otterrà la possibilità di una propria
iniziativa politica. LE ASSEMBLEE POPOLARI ROMANE 4
Vi era poi anche la conventio, un luogo non ufficiale per comunicare e scambiarsi
pareri, come poteva capitare durante l’ascolto di un discorso politico. La conventio altro
non era che un incontro formale, privo di ufficialità, dove i cittadini romani si trovavano
per scambiare le proprie opinioni, preparandosi così ai lavori delle assemblee o dei
consigli.
Le funzioni di queste assemblee furono varie e, per uno stesso organismo assembleare
variarono nel corso del tempo contemporaneamente all’evoluzione politica e sociale
della città. LE ASSEMBLEE POPOLARI ROMANE 5
Comitia curiata
È la forma di assemblea popolare più antica risalente all’epoca Regia in cui i cittadini
romani partecipavano suddivisi per curie.
Il primo re di Roma, Romolo, di origine latina, radunò tutto il popolo e lo distribuì in tre
tribù, ovvero tre distretti territoriali:
- i Ramnes, denominazione che deriva da Romulus e all’interno della quale vi
furono inseriti coloro che erano di origine latina e i cosiddetti rapidi, i veloci, i
battaglieri.
- i Tities, che raggruppavano tutti coloro che erano di origine sabina come il re
sabino Tito Tazio e i nobili.
- i Luceres, che deriverebbero, secondo alcuni, da Lucero, re etrusco e vi furono
collocati tutti coloro che erano di origine etrusca e gli illustri; secondo altri il
nome di questa tribù deriverebbe da “luscus”, cioè bosco, racchiudendo tutti
coloro che vivevano nei boschi intorno a Roma.
Ogni tribù così delineata si componeva di dieci curie, a loro volte divise in altre dieci
decurie. In totale ci troviamo dinanzi ad un sistema piramidale di distribuzione della
popolazione costituito da trecento decurie, trenta curie e tre tribù. A capo di ogni tribù
vi era un tribuno mentre a capo di ogni curia vi era un curione. Ciascuna decuria era
invece posta ad un decurione.
Da parte di diversi studiosi si è ritenuto possibile interpretare le tre tribù romulee come
il risultato dell’aggregazione di ordinamenti originariamente autonomi e distinti anche
dal punto di vista etnico. Lo stesso studioso tedesco Mommsen tende a interpretare le
tribù come sopravvivenza di strutture più antiche.
Secondo la leggenda poi, anche l’ordine sacerdotale degli àuguri fu creato dallo stesso
Romolo che avrebbe scelto i primi tre sacerdoti nominandone uno per ogni tribù
anzidetta. Nel periodo arcaico distinguiamo tra auguria privata, sulla cui base si
prendevano decisioni all’interno della famiglia, e auguria publica per prendere decisioni
riguardanti l’ambito pubblico. Gli àuguri pubblici erano in numero superiore e LE ASSEMBLEE POPOLARI ROMANE 6
costituivano un collegium consultato sempre dal magistrato prima di ogni importante
atto pubblico. A Roma nessuna decisione in guerra e in pace veniva presa senza aver
prima consultati gli àuguri. La loro attività era vitalizia ed erano venerati a tal punto che
chi li offendeva andava incontro alla pena capitale. Tratto distintivo dell’àugure era il
bastone ricurvo a forma di punto interrogativo, il lituo.
La divisione in curie si inquadra in un più complesso sistema di organizzazione della
cittadinanza di cui è il pilastro centrale. Tali organismi si collegavano ad una specifica
dimensione territoriale. Una volta fusa nell’ambito della comunità cittadina, la curia
conservava una sua sede di riunioni, luogo dove tutti i membri della curia si riunivano
per celebrare in comune i sacrifici. Ancora nella tarda età repubblicana sopravviveva tale
uso. Ad esempio, le curiae veteres, site in località non distante dall’attuale Arco di
Costantino, fra il Celio e il Palatino, erano ancora sede di alcune curie mentre tutte le
altre si erano spostate in edifici più recenti originariamente destinati ad accogliere tutte
e trenta le curie, le curiae novae.
La distribuzione nelle varie curie avveniva per genera hominum ovvero in relazione ai
legami familiari e in base alla stirpe, alla discendenza.
Analizzando la funzione amministrativa delle curie, essa entra in gioco soprattutto
per quanto concerne gli aspetti militari. I tremila fanti che costituiscono l’organico
dell’esercito nella prima costituzione romulea sono la somma dei contingenti fissi di
cento uomini forniti da ciascuna delle trenta curie. Inoltre, le curie fornivano ognuna
dieci cavalieri per un totale complessivo di trecento.
In occasioni di eventi importanti tutto il popolo si riuniva in una sola assemblea
presieduta dal rex, il comitio curiato. Si riuniva nel Comizio, centro politico di Roma
situato nel Foro Romano. Vi partecipavano tutti i maschi adulti delle famiglie patrizie.
All’interno di questi comizi la partecipazione del popolo era passiva: poteva svolgere
attività pubblicistica acclamando l’imperium del rex con la lex curiata de imperio ma non
poteva prendere delle vere e proprie decisioni; il popolo, quindi, si limitava alla mera
acclamazione. Il re poteva esercitare i propri poteri solo grazie a questa acclamazione
del popolo. Si tratta di una lex data e non di una lex votata. In questo periodo non si può LE ASSEMBLEE POPOLARI ROMANE
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parlare di una vera e propria votazione, basti pensare al fatto che il termine latino che
indicherà il voto delle assemblee popolari è “suffragium” che letteralmente significa
“rumore”, ad indicare un momento storico in cui l’assemblea si esprimeva attraverso
rumori di approvazione o di dissenso.
Uno dei più importanti atti che il rex effettuava dinanzi alle curie riunite era
l’enunciazione, fatta ogni mese, del calendario. Con l’ausilio dei pontefici, sacerdoti la
cui origine è fatta risalire al successore di Romolo, il re Numa Pompilio, egli indicava i
giorni fasti e i nefasti, giorni in cui molte attività erano vietate, scandendo il tempo e la
vita di tutta la comunità. In questo modo andava a delineare i giorni atti per la riunione
dei comitia, quelli in cui si poteva chiedere giustizia, nonché andava ad incidere sugli
aspetti religiosi e a segnalare le festività che segnavano e regolavano i vari lavori agricoli.
Questa enunciazione era importante in quanto l’anno romano allora era diviso in dieci
mesi mobili in cui la divisione del tempo non dava luogo a periodi regolari facilmente
conoscibili da tutti.
Vanno ricordate, tra le competenze di tali comiti, anche le scelte concernenti la
guerra e la pace e la nomina dei magistrati ausiliari del rex. È chiaro che il rex si
presentasse dinanzi al popolo con un’idea già ben delineata e con vere e proprie
decisioni piuttosto che proposte, ma alla guerra si finiva poi solo se l’annuncio regio
avesse suscitato fra gli astanti un minimo di consensi.
Lo studioso tedesco Theodor Mommsen delimita la possibilità dei comitia curiata di
decidere della guerra ai soli casi in cui era necessario rompere un trattato prima di
scendere in guerra.
Secondo un altro studioso, il De Francisci, questo tipo di comizio non deteneva di fatto
alcun potere evidente. Non aveva un potere elettorale poiché il rex era designato da un
pater nella qualità di interrex
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e gli altri magistrati, come ad esempio il tribunus celerum
(comandante della cavalleria), il magister populi (collaboratore militare del rex addetto
1
In età monarchica era un patres, un senatore, salito al potere nel momento in cui fosse venuto a
mancare il rex corrente nell’attesa che venisse scelto, e salisse quindi al potere un altro rex. I senatori
sceglievano dieci di loro che a turno ogni cinque giorni prendevano il ruolo temporaneo di interre.
Questa funzione prende il nome di interregnum ed è una delle funzioni principali attribuite ai patres. LE ASSEMBLEE POPOLARI ROMANE 8
all’organizzazione bellica dei cives e dei militari in guerra), i duumviri perduellionis (con
il compito di proclamare la responsabilità del reo e metterlo a morte immediatamente
e senza giudizio durante il processo penale nel caso di perduellio, crimine di alto
tradimento verso lo Stato) ed i quaestores parricidii (questori con poteri giudiziari),
erano tutti nominati dal rex.
Sempre per il De Francisci, non avevano funzione legislativa poiché la materia era
riservata al solo rex e nemmeno giurisdizionale poiché il popolo poteva solo assistere ad
una grave condanna contro chi fosse ritenuto colpevole di aver scatenato l’ira divina
contro tutta la comunità.
Egli limita quindi l’attività dei comitia curiata alle attività riferite alla vita di gruppi
minori, ed anche in questi casi sostieni che tali comizi non avevano un vero e proprio
potere deliberante.
Ciò che è sicuro e di comune accordo è che i comitia non potevano intervenire
efficacemente con un loro voto in riferimento alle leges. Queste erano sempre
statuizioni unilaterali del rex fondate sulla sua autorità.
Il popolo poteva svolgere anche attività privatistiche attinenti al diritto di famiglia.
Sono quattro le attività svolte in particolare: il testamentum calatis comitis, la detestatio
sacrorum, l’adrogatio e la translatio ad plebem.
Nel primo caso parliamo dell’apertura di un testamento e seguente lettura dinanzi al
popolo. La terminologia “calatis” prende la sua derivazione dal pontefice che presiedeva
tale operazione oppure dal calar del sole. I comitia curiata venivano convocati per
questa pratica due volte l’anno. Nasce dalla configurazione di una fittizia discendenza,
infatti, uno dei motivi principali per cui si procedeva all’apertura e lettura del testamento
del de cuius era il fatto che potevano verificarsi casi in cui egli avesse indicato degli eredi
che non avrebbe dovuto indicare non essendo realmente titolari di tale diritto, di
conseguenza sarebbero potute sorgere delle questioni familiari. Tale discendenza
assume rilievo alla morte del testatore comportando quindi esclusivamente la
successione nella posizione del defunto da parte del designato. Per molti studiosi tale
testamento non assumeva ancora i connotati di un atto di volontà unilaterale con