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Procedura e doveri del medico: l’interruzione volontaria della gravidanza


Il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito di ogni caso di esaminare con la donna e con il padre del concepito (ove la donna lo consenta), nel rispetto della dignità e della riservatezza della medesima e della persona indicata come padre, le possibili soluzioni dei problemi proposti.
Se non viene riscontrato il caso di urgenza, al termine dell’incontro, il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria (o quello di fiducia), di fronte alla richiesta di interrompere la gravidanza rilascia alla gestante copia di un documento, firmato anche dalla donna, attestante lo stato di gravidanza e l’avvenuta richiesta, e la invita a soprassedere per 7 giorni.
Trascorsi di 7 giorni, la donna può presentarsi per ottenere l’interruzione della gravidanza presso una delle sedi autorizzate.
In definitiva, il medico è tenuto ad accertare e certificare:
a. l’identità della donna;
b. l’esistenza della gravidanza;
c. l’epoca della stessa e quindi che non siano trascorsi i 90 giorni;
d. la richiesta e i motivi; la venuta informazione sui diritti a lei spettanti (si deve attestare l’avvenuta attività dissuasiva);
e. l’avvenuta informazione sui consultori, nonché sulle strutture socio-sanitarie o gli ospedali dove, dopo il termine di 7 giorni, la donna potrà rivolgersi;
f. la data del rilascio, così da certificare che la donna ha richiesto l’interruzione all’epoca indicata.

Tratto da MEDICINA LEGALE di Stefano Civitelli
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