Il ricorso: critiche al settore probatorio
Dato che, come si è visto, la motivazione, cui si riferisce l’art. 360 n.5 c.p.c., è la parte della sentenza in cui il giudice dà conto del perché ha ricostruito il fatto in un certo modo piuttosto che in un altro, risulta evidente che il settore nel quale questo motivo di ricorso trova principale applicazione è quello probatorio.
In particolare, in tutte quelle ipotesi in cui il giudice valuta le prove secondo il suo prudente apprezzamento il sistema della “prova libera” non degrada ad arbitrio proprio per il c’è l’obbligo di motivare i provvedimenti giurisdizionali e perché su tale motivazione è possibile il controllo anche ad opera della Suprema Corte.
Ma vediamo più attentamente quale parte del settore probatorio è interessata dal motivo di ricorso in esame:
Un primo giudizio che può essere errato è quello sulla rilevanza dei mezzi di prova.
Qualora oggetto del giudizio di rilevanza è un mezzo di prova tramite il quale si vuole dimostrare l’esistenza di un fatto principale, il giudice dovrà individuare il diritto fatto valere in giudizio, sussumerlo sotto una norma generale ed astratta e verificare se il fatto oggetto della prova rientra fra quelli costitutivi, modificativi, estintivi o impeditivi del diritto stesso; di conseguenza un errore in tale operazione sarebbe denunciabile ai sensi dell’art. 360 n.3 c.p.c. come errore di diritto, e non attraverso il n.5.
Viceversa, qualora oggetto del mezzo di prova, del quale si deve dimostrare la rilevanza, è un fatto secondario tramite il quale, in via di deduzione logica, si vuol provare un fatto principale, il giudice deve stabilire se quest’ultimo appartiene al thema probandum e se dalla prova del fatto secondario sia possibile desumere l’esistenza del fatto principale.
Un errore commesso in quest’ultimo giudizio è certamente denunciabile in Cassazione solo per mezzo dell’art. 360 n.5 c.p.c., in quanto si rifletta sulla motivazione.
Anche la violazione delle norme sulla ammissibilità dei mezzi di prova può dar luogo al ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 n.5 c.p.c., sempre che l’ammissione sia subordinata ad un accertamento di fatto.
Ciò non avviene, ad esempio, nel caso dell’art. 2722 c.c. che esclude la prova per testimoni “sia per oggetto patti aggiuntivi o contrari al contenuto di un documento”, in quanto la inosservanza di tale limite di stretto diritto si traduce in una violazione di legge denunciabile in Cassazione ai sensi dell’art. 360 n.4 c.p.c.
Ma il settore in cui in misura maggiore trova spazio il motivo di ricorso in esame è indubbiamente quello della valutazione delle prove.
È ovvio che laddove c’è una regola di prova generale, non essendo lasciato alcuno spazio al prudente apprezzamento del giudice, la violazione di essa dà luogo ad un error in procedendo ed il controllo della Suprema Corte potrà essere attivato attraverso il motivo di ricorso di cui all’art. 360 n.4 c.p.c.
Solo dove vale la regola generale dell’art. 116 c.p.c., nella prova libera e soprattutto nelle prove per presunzione, l’art. 360 n.5 c.p.c. trova piena applicazione.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto processuale civile, a.a.2007/2008
- Titolo del libro: Lezioni di diritto processuale civile
- Autore del libro: A. Proto Pisani
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