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Il requisito della “irreparabilità” del pregiudizio


Il requisito dell’irreparabilità del pregiudizio costituisce il nodo teorico e pratico principale posto dall’articolo 700 c.p.c.
La misura cautelare in esame richiede che il danno verificabile durante lo svolgimento del processo assurga agli estremi dell’irreparabilità.
In dottrina sono state avanzate tre ipotesi principali relative all’individuazione dei criteri idonei ad indicare quando il pregiudizio assurga al grado di irreparabilità:
- secondo la tesi più restrittiva sostenuta dal Satta, solo i diritti assoluti potrebbero subire, in caso di violazione o di minaccia di violazione, un pregiudizio irreparabile, perché solo con riferimento a diritti di tale specie il soggetto attivo può vantare un potere immediato sul bene, già costituito prima del processo.
Al contrario il requisito dell’irreparabilità difetterebbe, per definizione, con riferimento ai diritti di credito o alle azioni costitutive: non preesistendo al processo un potere immediato sul bene da parte del titolare; con riferimento a tali diritti la durata del processo non potrebbe mai, per definizione, compromettere il godimento di un bene.
È sufficiente limitarsi ad osservare che la rivalutazione dei profili personalistici e comunque della funzione non patrimoniale propria di molti diritti di credito ha limitato di molto la portata restrittiva della teoria in esame;
- secondo la teoria sostenuta da Montesano si sarebbe alla presenza di un pregiudizio irreparabile “ogni qualvolta nelle inevitabili more del giudizio di merito, l’attore non possa servirsi di alcun rimedio sufficientemente efficace contro la situazione di inferiorità che gli deriva dal danno minacciato”.
Tale definizione di irreparabilità rende tutelabili ex art. 700 c.p.c. solo i diritti che abbiano ad oggetto o tendano a conseguire un bene infungibile, cioè reperibile solo tramite l’adempimento dell’obbligato.
Le critiche mosse a questa tesi vertono in particolar modo sul carattere storico e relativo della nozione di infungibilità che trascura completamente il fatto che beni aventi contenuto patrimoniale possono assolvere anche ad una funzione non patrimoniale;
- l’ultima teoria è quella sostenuta da Andrioli, che si caratterizza per il fatto di essere una ricostruzione estremamente empirica.
In base a questa tesi, è irreparabile il pregiudizio:
- qualora non sia suscettibile di reintegrazione in forma specifica né risarcibile;
- ogni qualvolta a causa della durata del processo si possa determinare uno scarto fra gli effetti della decisione di merito e la soddisfazione integrale sia pure per equivalente, e tale scarto sia tale da superare il limite della normale tollerabilità con riferimento al singolo diritto;
- ogni qual volta dalla stessa fattispecie costitutiva del diritto di credito derivi la funzione non patrimoniale ovvero la specifica destinazione del diritto a far fronte allo stato di bisogno del creditore.

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