La disciplina delle spese del processo
Il processo ha un suo costo: costo di organizzazione delle strutture materiali e personali che lo Stato deve apprestare, costo che le parti devono sopportare per agire e difendersi concretamente nel giudizio.
Lo Stato fa fronte ai costi del processo attraverso le imposte e le tasse.
Per i costi sopportati dalle parti vige un regime particolare.
Il principio generale è enunciato dall'art. 90 c.p.c. per cui, salve le disposizioni sul gratuito patrocinio o sull'assistenza giudiziaria a spese dello Stato, nel corso del processo ciascuna delle parti deve provvedere alle spese degli atti che compie e di quelli che chiede e deve anticiparle per gli atti necessari del processo, quando l'anticipazione è posta a suo carico dalla legge o dal giudice.
Questa disciplina è per sua natura tendenzialmente provvisoria.
Ogni qual volta il processo di cognizione si concluda con una sentenza che definisca il giudizio o un processo di esecuzione si concluda con la soddisfazione forzata, l'onere di anticipazione è destinato a cedere a fronte di una disciplina definitiva che ponga le spese a carico della parte soccombente o di chi ha subito l'esecuzione.
Questo principio, secondo cui le spese seguono la soccombenza, può subire deroga nei soli casi previsti dall'art. 92 c.p.c.:
- non devono essere liquidate alla parte vincitrice le spese ritenute eccessive o superflue;
- se la soccombenza è reciproca, le spese possono essere, in tutto o in parte, compensate;
- se ricorrono giusti motivi (ad esempio novità della questione), da indicare esplicitamente in motivazione, le spese possono, in tutto o in parte, essere compensate;
- indipendentemente dalla soccombenza, il giudice può condannare una parte al rimborso delle spese, anche non ripetibili, che ha causato all'altra per inosservanza del dovere di comportarsi secondo lealtà di probità.
Diversa dalla condanna alle spese è la responsabilità aggravata di cui all'art. 96 c.p.c.
Le fattispecie di responsabilità aggravata sono due:
- se risulta che la parte soccombente abbia agito o resistito in giudizio in malafede o colpa grave, il giudice, su istanza dell'altra parte, la condanna, oltre che alle spese, anche al risarcimento dei danni, che liquida, anche d'ufficio, nella sentenza;
- frequentemente il legislatore legittima una parte a eseguire provvedimenti o a porre in essere attività pregiudizievoli alla controparte, prima che vi sia certezza assoluta in ordine all'esistenza del diritto; per riequilibrare la posizione delle parti, ove a termine del processo risulti l'inesistenza del diritto, è previsto che "il giudice che accerta l'inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziale o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l'esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l'attore o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza".
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto processuale civile (modulo primo), a.a. 2007/2008.
- Titolo del libro: Lezioni di diritto processuale civile
- Autore del libro: Andrea Proto Pisani
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