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Astensione, ricusazione e responsabilità del giudice


Il giudice, per essere tale, deve essere diverso da ognuna delle parti ed estraneo alla controversia oggetto del giudizio: egli, dunque, deve essere imparziale e terzo.
Nel nostro ordinamento il problema viene risolto con l’istituto dell’astensione e della ricusazione del giudice.
Per l’art. 51 c.p.c. il giudice deve astenersi dal giudicare in 5 casi:
- se ha interesse diretto nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto;
- se egli stesso o il coniuge è parente fino al 4° grado o legato da vincoli di affiliazione o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori;
- se egli stesso o il coniuge ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori;
- se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa o ha deposto in essa come teste oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico;
- se è tutore, curatore, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti; se inoltre è amministratore o gestore  di un ente, di un’associazione, di un comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa.
I predetti 5 casi di astensione obbligatoria sono tassativi e possono essere distinti in due categorie: quelli che si riferiscono ai rapporti tra il giudice e l’oggetto della causa (nn. 1 e 4) e quelli che si riferiscono ai rapporti del giudice con le persone del processo (nn. 2, 3 e 5).
Accanto ai 5 casi di astensione obbligatoria, si ha poi un caso di astensione facoltativa: il giudice può chiedere al capo dell’ufficio di essere autorizzato ad astenersi in ogni caso in cui sussistono gravi ragioni di convenienza.
Il presupposto della ricusazione è duplice: ricorrenza di uno dei casi di astensione obbligatoria e mancata astensione del giudice.
Il legislatore ha assoggettato l’istanza di ricusazione a termini molto brevi (entro 2 giorni dall’udienza) e ha ricollegato all’istanza di ricusazione l’immediata sospensione ipso iure del processo (con conseguente divieto per il giudice ricusato di compiere atti processuali).
Sull’istanza di ricusazione decide il presidente del tribunale se è ricusato un giudice di pace, il collegio se è ricusato uno dei componenti del tribunale o della corte.
La legge non prevede l’ipotesi che sia ricusato il giudice competente a giudicare sull’istanza di ricusazione (c.d. giudice della ricusa).
Il silenzio va inteso nel senso che il giudice della ricusa, pur avendo l’obbligo di astenersi, non può essere ricusato.
L’istanza di ricusazione dà luogo ad un procedimento incidentale, nel quale deve essere sentito il giudice ricusato, ed è decisa con ordinanza non impugnabile.
L’inimpugnabilità dell’ordinanza, però, non esclude che, in caso di rigetto, la questione sia fatta valere impugnando la successiva sentenza.
Presupposto essenziale per far valere in sede d’impugnazione i motivi di ricusazione è che sia stata tempestivamente proposta l’istanza di ricusazione.

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