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La prova decisiva e la controprova


La prova è decisiva allorché, nella verifica del tema, mira ad introdurre fatti rappresentativi idonei a colmare le lacune della complessiva rappresentazione e a determinare le definitive scelte del giudicante. La decisività va colta ex ante, sulla base delle acquisizioni raggiunte e in vista dei risultati ipotizzati dalla deduzione delle parti.

Il codice accenna alla decisività della prova nelle disposizioni normative dedicate all’attività informativa in udienza preliminare (art. 422).

La decisività vale a sorreggere le scelte informate al favor innocentiae. Mutuando una deduzione della parte o un’autonoma scelta del giudice, l’acquisizione della prova può consentire: a) una definizione immediata del processo, nel caso in cui la prova a discarico sia tale da determinare una pronuncia di non luogo a procedere; b) il rinvio a giudizio nei casi in cui la prognosi venga sconfessata dal risultato probatorio.

Diverso discorso in ordine alla controprova. Dedotto un fatto a sostegno della richiesta del mezzo di prova, le possibilità di controdedurre sono legate all’ammissibilità della controprova. Si tratta di ripristinare la par condicio compromessa dalla priorità di intervento di una delle parti. Tale esigenza: a) è avvertita con riferimento a tutte le parti del processo, necessarie ed eventuali; b)  non è coordinata dall’omogeneità dei mezzi di prova dedotti dalle parti contrapposte; c) non è circoscritta alla negazione del medesimo fatto, dedotto dalla controparte, potendo riguardare solo indirettamente tale fatto; d) sfugge agli automatismi di un’acquisizione sempre dovuta. Il diritto alla controprova non comprime infatti l’impegno alla valutazione circa l’eventuale illegittimità, la manifesta superfluità o la manifesta irrilevanza della prova richiesta (si vedano come es gli artt. 468 comma IV e 495 comma II).


Tratto da LE PROVE, IL PROCEDIMENTO PROBATORIO E IL PROCESSO di Gianfranco Fettolini
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