I limiti sostanziali al potere di licenziare:il principio della giustificazione e la regola del c.d. recesso vincolato
Il primo e più importante limite imposto al potere di recesso del datore di lavoro è di carattere sostanziale (o c.d. causale): in base alla l. 604/66, infatti, affinché il licenziamento sia legittimo, deve necessariamente ricorrere una giusta causa o un giustificato motivo.
Da ciò si può concludere che il regime generale del licenziamento vincolato ha comportato, con il riconoscimento di un vero e proprio diritto del lavoratore alla c.d. stabilità o conservazione del rapporto e quindi del posto di lavoro, un sostanziale ridimensionamento della originaria distinzione tra recesso ordinario (libero) con preavviso e recesso straordinario senza preavviso per quanto riguarda il datore di lavoro: vi è una sostanziale assimilazione del recesso ordinario a quello straordinario per giusta causa.
Si deve comunque osservare che la distinzione tra le due figure del recesso ordinario oppure straordinario e, correlativamente, del licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo, comporta effetti differenti soltanto per ciò che concerne il preavviso, il quale spetta solo al lavoratore licenziato per giustificato motivo.
Quanto, invece, al trattamento di fine rapporto, esso spetta oggi in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro.
Va infine detto, che le conseguenze connesse dalla legge all’illegittimità del negozio di licenziamento per mancanza di tali requisiti causali non sono sempre le stesse.
In proposito, infatti, occorre distinguere a seconda dell’applicabilità al caso concreto della tutela reale prevista dall’art. 18 St. lav., ovvero della tutela obbligatoria prevista dall’art. 8 l. 604/66.
Mentre nel primo caso la legge prevede l’annullabilità del licenziamento intimato in assenza di giustificazione, nel secondo caso il licenziamento privo di giusta causa o di giustificato motivo, ancorché illegittimo, non è qualificato annullabile, ma soltanto illecito: la legge prevede egualmente conseguenze sanzionatorie a carico del datore di lavoro, ma non impedisce che si produca l’effetto estintivo del rapporto di lavoro.
Continua a leggere:
- Successivo: La nozione di giustificato motivo soggettivo e oggettivo
- Precedente: Le ipotesi di limitazione temporale del licenziamento: infortunio, malattia, gravidanza e puerperio, funzioni pubbliche elettive
Dettagli appunto:
-
Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto del lavoro, a.a. 2007/2008
- Titolo del libro: "Diritto del Lavoro" di E. Ghera, "Solidarietà, mercato e concorrenza nel welfare italiano" di S. Sciarra
Altri appunti correlati:
- Microeconomia
- Diritto Amministrativo
- Microeconomia
- Diritto del rapporto individuale di lavoro privato
- Economia Politica
Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:
- Il Salario minimo legale: tra legge e contrattazione collettiva
- Retribuzione proporzionata e sufficiente e ''nuovi lavori''
- Profili giuscommercialistici del decreto 23maggio 2011 n. 79
- Antitrust e tutela dei consumatori: il confronto con le azioni collettive risarcitorie
- Il Costituzionalismo alla prova: il lavoro in Italia e in Unione Europea
Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.