I divieti di discriminazione del lavoratore
Sempre in relazione alla tutela della persona del lavoratore, notevole interesse assume l’ormai corposa normativa che, nel corso del tempo, è stata introdotta per salvaguardare la dignità e libertà morale del lavoratore soprattutto nei confronti delle discriminazioni, e ciò sia in fase di costituzione del rapporto sia nel corso del medesimo.
I primi divieti di discriminazione introdotti nel nostro ordinamento sono quelli relativi alla discriminazione politica, religiosa e sindacale e risalgono alla disciplina del licenziamento ed all’art. 15 St. lav.
In seguito, la l. 903/77 sulla parità uomo-donna ha modificato il testo della norma del 1970, estendendo i divieti di discriminazione anche ai fattori razziale, di lingua e di sesso.
Successivamente, il d.lgs. 286/98 (Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e delle norme sulla condizione dello straniero) ha vietato ogni forma di discriminazione per motivi di nazionalità, religione, razza o etnia.
Un decisivo contributo allo sviluppo della tutela contro le discriminazioni non soltanto nei rapporti di lavoro è venuto dal diritto dell’UE.
La direttiva 2000/43/CE vieta le discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica.
A questa si affianca la direttiva 2000/78/CE che fissa una serie di misure per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, vietando discriminazioni fondate sulla religione o sulle convinzioni personali, sugli handicaps, sull’età o sulle tendenze sessuali.
Resta da dire, peraltro, che il d.lgs. 216/2003, riprendendo dalla direttiva 2000/78/CE una serie di deroghe al generale principio di non discriminazione, ammette in modo esplicito numerose ipotesi di trattamento.
Innanzi tutto, non costituiscono discriminazioni le differenze fondate sulla religione, convinzioni personali, handicap, età ed orientamento sessuale quando rappresentino requisiti essenziali per lo svolgimento di specifiche attività lavorative o particolari funzioni d’interesse pubblico (servizi di polizia o di soccorso).
Ancora, viene introdotta una deroga molto ampia e per certi versi generica, giacché si dispone che non costituiscano discriminazione le differenze di trattamento “giustificate oggettivamente da finalità legittime perseguite attraverso mezzi appropriati e necessari”.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto del lavoro, a.a. 2007/2008
- Titolo del libro: "Diritto del Lavoro" di E. Ghera, "Solidarietà, mercato e concorrenza nel welfare italiano" di S. Sciarra
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