Il controllo di gestione
L’introduzione del nuovo ordinamento contabile e finanziario degli enti locali nel 1995 (D.Lgs.77/1995) ha innovato radicalmente il previgente impianto normativo, introducendo l’attivazione di processi e sistemi di programma e di controllo di gestione (management control), al fine di dare concreta attuazione alla cultura del risultato, cultura che oggi è al centro del processo riformista della P.A. che, relativamente agli enti locali, è culminato nel TUEL n.267/2000.
Il controllo di gestione è una delle quattro forme di controllo interno previste dall’art.147 del D.Lgs.n.267/2000, al quale è rimessa la verifica dell’efficienza, dell’efficacia e dell’economicità dell’azione amministrativa, al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi correttivi, il rapporto costi-risultati.
Si tratta di un processo precipuamente finalizzato ad analizzare il conseguimento degli obiettivi e dei risultati della gestione attraverso parametri aziendalistici.
Esso è destinato a supportare le decisioni di gestione affidate all’esclusiva competenza della dirigenza e si caratterizza per la contestualità dell’azione amministrativa diventando una sorta di “computer di bordo” che segnala durante il percorso gestionale tutta una serie di indicatori significativi, evidenziando anche ogni scostamento rispetto a degli standard prefissati.
Il processo di controllo in esame si basa sulla determinazione di obiettivi e dei modi per raggiungerli, sulla misurazione dei risultati e, quindi, in base ad eventuali scostamenti, sull’impostazione delle conseguenti correzioni.
Presupposto fondamentale del processo del controllo di gestione è la pianificazione: solo così, infatti, è possibile creare un circuito completo.
La filosofia gestionale di riferimento è un’esperienza mutuata dal management privato che consente di analizzare nel dettaglio i vari elementi che compongono i costi e di incidere sugli elementi analizzati riducendo i costi stessi garantendo una gestione per obiettivi (management by objectives) ed un insieme di strumenti (reporting) idonei a verificare l’andamento delle previsioni ed a correggere eventuali scostamenti.
L’attività di controllo di gestione è una funzione trasversale e diffusa all’intera struttura dell’ente: chiunque eserciti nella struttura funzione di guida e coordinamento è interessato dall’attività di controllo di gestione.
Diversamente dalle altre forme di controllo interno, il controllo di gestione, definito anche programmazione e controllo, è compiutamente disciplinato nei suoi principi dagli articoli del TUEL relativamente alla sua funzione (art.196), alle modalità applicative (art.197) ed al contenuto del referto dell’intera attività (art.198).
Secondo la definizione normativa, il controllo di gestione è la procedura diretta a verificare lo stato di attuazione degli obiettivi programmati e, attraverso l’analisi delle risorse acquisite e della comparazione tra i costi e la quantità e qualità dei servizi offerti, la funzionalità dell’organizzazione dell’ente, l’efficienza e il livello di economicità nell’attività di realizzazione dei predetti obiettivi.
Come stabilito dall’articolo 197, comma 2 del TUEL n.267/2000, il processo di controllo in esame si articola nelle seguenti fasi:
a) predisposizione di un piano dettagliato degli obiettivi;
b) rilevazione dei dati relativi ai costi ed ai proventi nonché rilevazione dei risultati raggiunti;
c) valutazione dei dati predetti in rapporto al piano degli obiettivi al fine di verificare il loro stato di attuazione e di misurare l’efficacia, l’efficienza e il grado di economicità dell’azione intrapresa;
d) realizzazione dell’azione correttiva.
Il momento di partenza ha un’enorme rilevanza e corrisponde all’attività di pianificazione e programmazione che l’organo politico deve porre in essere per indirizzare la gestione dell’ente rispetto al programma elettorale. Rappresenta cioè la fase in cui sono definiti gli obiettivi programmatici, ossia i piani e i progetti che l’organo di governo intende realizzare in un periodo determinato. Questa fase sotto il profilo della programmazione cosiddetta operativa consiste nella predisposizione del piano dettagliato degli obiettivi, espressi da valori, oltre che da dati e altri elementi qualitativi contenuti, prima del bilancio, inteso nella più ampia accezione di “struttura modulare di bilancio” (bilancio annuale, bilancio pluriennale e relazione previsionale e programmatica) poi nel piano esecutivo di gestione.
Pertanto, particolare attenzione deve essere rivolta sia al contenuto della relazione previsionale e programmatica sia a quello del PEG, attraverso cui si procede ad un’ulteriore graduazione degli obiettivi.
Nella fase successiva si dovrà procedere alla “rilevazione dei dati relativi ai costi e ai proventi nonché rilevazione dei risultati raggiunti” e cioè al calcolo dei componenti positivi e negativi e alla considerazione dei risultati che da essi emergono.
La rilevazione dei dati relativi alla gestione rappresenta l’attuazione dei programmi e dei progetti, da parte dei responsabili tenendo in considerazione le risorse loro assegnate.
La misurazione dei dati gestionali può essere:
- preventiva se riferita alla rilevazione prospettica. E’ finalizzata alla necessità di comprendere l’adeguatezza delle combinazioni organizzative e gestionali in relazione agli obiettivi predefiniti e di motivare ed orientare i comportamenti dei soggetti aziendali;
- concomitante se riferita alla rilevazione dei risultati nel momento stesso in cui essi sono realizzati: riveste una funzione informativa per la guida ed il riallineamento agli obiettivi;
- consuntiva riferita alla misurazione dei risultati conseguiti a fine periodo. Costituisce una base informativa motivazionale e decisionale per la successiva fase di valutazione dei risultati raggiunti in termini di raggiungimento degli obiettivi e misurazione dell’efficienza, efficacia ed economicità dell’azione intrapresa.
La rilevazione dei risultati ottenuti attraverso le operazioni di gestione permette:
a) di verificare in anticipo se la gestione si sviluppa secondo le linee direttrici del piano annuale e indicare ai vari organi aziendali le azioni da intraprendere nel futuro immediato;
b) di verificare mediante l’analisi degli scostamenti il grado di realizzazione del programma medesimo e il raggiungimento dei suoi obiettivi, alla luce dei risultati già effettivamente conseguiti;
c) di prendere adeguati provvedimenti correttivi nel caso in cui la verifica segnali l’esistenza di disfunzioni gestionali o di programmi non più validi.
Questo processo di controllo sui dati si basa sostanzialmente su un meccanismo di “retroazione” o di feedback consistente nella:
- misurazione dei risultati effettivamente realizzati;
- confronto degli obiettivi con i risultati;
- scelta delle azioni correttive per eliminare, in futuro, gli scostamenti indesiderati.
Il feedback, pur offrendo una visione precisa di come si è effettivamente svolta la gestione in rapporto agli obiettivi prestabiliti, consente di promuovere interventi correttivi solo dopo che i risultati effettivi si sono manifestati e non può più essere eliminato il divario tra i risultati attesi e i risultati reali. Per ridurre al massimo l’effetto negativo del feedback, occorrerà suddividere gli obiettivi riferiti ad un certo lasso di tempo in subobiettivi riferiti ad intervalli di tempo più brevi, in modo che il confronto non sia fatto una tantum a fine periodo ma scaglionato nel tempo in modo tale da poter intervenire con maggiore tempestività su eventuali disfunzioni gestionali.
Per l’attuazione del controllo sono quindi necessari i dati consuntivi che rilevino i risultati raggiunti.
Le informazioni più significative in ordine ai risultati possono essere ottenute attraverso l’utilizzo di una serie di indicatori tra cui ricordiamo:
1) gli indicatori di attività: tendono ad esprimere l'attività svolta da una determinata unità organizzativa mettendo a raffronto l'attività erogata con il carico di lavoro, potenziale o reale, riferita all'unità organizzativa;
2) gli indicatori di efficienza & di efficacia: misurano la performance dell'attività gestionale dell'ente.
2a) Indicatori di efficienza: E’ noto che l'efficienza rileva la capacità di produrre beni o servizi (output) in relazione all'utilizzo di risorse, dato ricavato dagli indicatori di attività che calcolano il livello di beni e servizi prodotti dalle unità organizzative (input); il suo indicatore è dato quindi dal rapporto fra input ed output. Un’unità organizzativa produce in condizioni di efficienza se a parità di output minimizza le risorse consumate oppure se a parità di risorse utilizzate massimizza l'output prodotto; l'input può essere rappresentato sia dal costo sostenuto per i prodotti consumati (valore economico), oppure dalla spesa impegnata (valore finanziario) o ancora da un valore fisico dato dal numero di unità dei fattori della produzione utilizzati. L'utilizzo dei valori finanziari avviene solo in carenza di valori economici ma il concetto stesso di efficienza presuppone il riferimento al costo ed al costo unitario in particolare. Ora, poiché si possono avere diverse configurazioni di costi unitari (costo totale unitario, costo fattoriale unitario relativo ad un singolo fattore della produzione, costo variabile unitario relativo al costo variabile di produzione) avremo di conseguenza per ognuno di essi un particolare indicatore di efficienza. L'insieme di questi indicatori sono definiti indicatori di efficienza economica per distinguerli da quelli che fanno riferimento a valori finanziari o a valori fisici. Questi ultimi sono chiamati indicatori di produttività e sono dati dal rapporto, invece che fra input ed output, fra output ed input espresso in unità fisiche e rappresentano il livello di output che si ottiene dall'utilizzo di un’unità di input. si utilizzano generalmente per misurare le performance del personale.
Se si vogliono determinare i livelli di efficienza è necessario definire i parametri di confronto; in questo modo si può sviluppare:
- un’analisi temporale, quando il confronto avviene con valori raggiunti dalla stessa unità nei periodi precedenti. Essa permette di studiare l'evoluzione dei livelli di efficienza nel tempo;
- un’analisi spaziale o benchmarking, quando il confronto avviene con i livelli di efficienza di enti similari. Come abbiamo già detto, questi tipi di confronto richiedono dati omogenei tra loro e quindi metodi similari di rilevazione dei risultati;
- un’analisi parametrica o di qualità, quando il confronto avviene con valori standard, cioè calcolato a preventivo, in modo ipotetico, sulla base di determinate condizioni operative. Uno strumento utile per individuare gli standard può essere la carta dei servizi, la quale definisce per i servizi rivolti ai cittadini i livelli di qualità, i tempi di risposta ed i volumi di risposta che l'ente locale s’impegna a garantire.
2b) Indicatori di efficacia: Gli indicatori di efficacia misurano il grado di raggiungimento degli obiettivi, sia in termini quantitativi sia qualitativi. Mentre le imprese che operano sul mercato possono misurare l'efficacia del proprio prodotto col fatturato conseguito e la quota di mercato coperta, un ente locale deve ricorrere ad indicatori che esprimono il livello qualitativo dell'output ed il grado di soddisfazione degli utenti. Per la determinazione dei livelli qualitativi si possono utilizzare, a seconda dei servizi che si vogliono monitorare, o indicatori di qualità o le analisi dei customer satisfaction.
I primi sono dati dal rapporto fra output ed input e sono inversamente proporzionali agli indicatori di produttività (esempio, tempo medio di rilascio dei certificati, tempo di attesa allo sportello, orario di apertura degli sportelli, rapporto fra numero reclami e pratiche esitate, ecc.).
Le analisi dei customer satisfaction si basano su indagini svolte tramite interviste (dirette o telefoniche) o questionari rivolti agli utenti al momento dell'erogazione del servizio.
L'efficacia sociale è data dal rapporto fra risultati raggiunti e domanda sociale; essa è utilizzata in sede di controllo strategico ed esprime l'efficacia dei programmi politici sviluppati dall'amministrazione dell'ente.
La rilevazione dei dati infrannuali deve avvenire attraverso il sistema di reporting che è costituito dall’insieme delle procedure operative e degli strumenti che consentono un ritorno informativo a tutti i soggetti interessati. E’ importante che il sistema di reporting sia “programmato e strutturato” per permettere alle informazioni rilevanti in gran parte presenti all’interno dell’organizzazione di essere efficacemente utilizzate. Affinché ciò sia possibile è necessario che siano ben identificati:
- i destinatari delle informazioni;
- le tipologie di informazioni rilevanti per tali destinatari;
- le procedure di governo dei flussi informativi (e quindi anche la frequenza di distribuzione dei report).
Il controllo di gestione deve, quindi, passare all’ulteriore fase che riguarda la “valutazione dei dati predetti in rapporto al piano degli obiettivi” vale a dire una considerazione critica propositiva di ciò che si è fatto rispetto a quanto ci si era proposti di fare, cosiddetta analisi degli scostamenti.
Lo scopo della valutazione è quello di fornire elementi agli organi di governo, per comprendere quanto e come gli indirizzi espressi trovino realizzazione e con quali sforzi e con quali investimenti. Questa fase costituisce la base informativa per alimentare il successivo processo di definizione degli obiettivi e la realizzazione dell’azione correttiva.
Va evidenziato il notevole rafforzamento dei soggetti che presiedono al controllo di gestione avvenuto, di recente, con il Decreto Legge n.168/2004 convertito con modificazioni nella Legge 30 luglio 2004, n.191.
Le predette modifiche legislative hanno introdotto l’articolo 198-bis al TUEL n.267/2000 stabilendo che il referto del controllo di gestione deve essere comunicato oltre che agli organi di governo e ai dirigenti anche alla Corte dei Conti.
Al fine di consentire il regolare svolgimento della funzione di controllo, l’amministrazione costituisce un’apposita struttura, dotata di sistemi a tecnologia avanzata e di personale qualificato. Essa si colloca in posizione di staff, affiancando l’organo di governo nell’esercizio delle funzioni di indirizzo, programmazione e controllo e per la gestione del ruolo di committenza dell’aspetto gestionale ai singoli titolari dei centri di responsabilità.
Saranno soprattutto i dirigenti/responsabili dei servizi ad avvalersi di tale unità di supporto, definibile come “ufficio di controllo di gestione”. L’ufficio di controllo interno predispone, all’inizio di ciascun anno, i parametri di riferimento del controllo sull’attività amministrativa, sulla base dei parametri gestionali dei servizi degli enti locali pubblicati sulla gazzetta ufficiale a cura del Ministero dell’interno e della tabella dei parametri di riscontro della situazione di deficitarietà strutturale, allegata al rendiconto dell’ultimo esercizio chiuso. Con la periodicità stabilita dal regolamento di contabilità, l’ufficio di controllo interno presenta al capo dell’amministrazione una relazione sulle verifiche effettuate, sugli scostamenti rilevati e sulle proprie valutazioni in ordine alle eventuali cause del mancato raggiungimento dei risultati, proponendo i rimedi ritenuti necessari per l’attuazione degli obiettivi programmati, anche sotto l’aspetto organizzativo.
In ogni caso, nei primi mesi di ciascun anno, l’ufficio di controllo interno presenta un rapporto di gestione sull’attività svoltasi nell’anno precedente, con le proprie valutazioni conclusive, affinché sia verificata l’osservanza degli indirizzi impartiti e delle priorità indicate, la conformità dei provvedimenti adottati e delle procedure azionate, nonché l’opportunità di introdurre le modifiche necessarie per un più razionale impiego delle risorse e per il miglioramento dei risultati di gestione, sulla scorta delle informazioni contenute nella relazione annuale.
L’ufficio di controllo deve poter avere libero accesso ai dati finanziari dei centri di costo per le successive operazioni di riclassificazione budgetaria e di controllo.
A tal fine l’ente locale deve promuovere l’ampliamento del sistema informativo e la formazione professionale del personale adibito al servizio di controllo della gestione; la rilevazione dei dati, infatti, rappresenta la base di partenza per poter valutare, attraverso gli indicatori, i risultati raggiunti e confrontarli con gli obiettivi prefissati.
In primo luogo, è necessaria un’interpretazione ed una misurazione omogenea dei servizi resi ed assicurare un coerente collegamento tra le diverse entità del sistema e la cooperazione tra i processi. Ciò è garantito attraverso l’adozione di procedure unificate della contabilità finanziaria, della contabilità analitica per centri di costo, della contabilità economica, della contabilità fiscale, della gestione dei vari magazzini, della gestione del personale, ecc.
L’adozione di regole standard per governare le interfacce tra le parti del sistema garantisce l’omogeneità dei dati da raffrontare e, nello stesso tempo, assicura le esigenze di autonomia organizzativa e gestionali dei vari centri di responsabilità.
E’ chiaro che la tecnologia non ha di per sé poteri magici di trasformazione e miglioramento delle organizzazioni se ad essa non si accompagna un’adeguata strategia di cambiamento organizzativo, da attuarsi attraverso l’attività formativa ai vari livelli di responsabilità, in modo da porre in grado le direzioni di conoscere a fondo le opportunità fornite dagli strumenti informatici, al fine di strutturare a pieno le potenzialità e governare il cambiamento.
Infatti, l’attivazione del controllo di gestione va fatta tenendo ben presente l’impatto dell’introduzione di tale sistema. Occorre porre l’ente nella condizione di cambiare la modalità di approccio nella gestione in modo da facilitare il passaggio da una “gestione per adempimenti” ad una gestione basata su una pianificazione integrale ed integrata.
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Dettagli appunto:
- Autore: Luisa Agliassa
- Università: Università degli Studi di Torino
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto Amministrativo I
- Docente: Garrone
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