Skip to content

La teoria dei diritti “perfetti” in giurisprudenza


Negli ultimi decenni la giurisprudenza e una parte della dottrina hanno proposto una selezione delle posizioni giuridiche, individuandone alcune come dotate di una protezione giuridica qualitativamente maggiore e perciò non modificabili per effetto dell’esercizio di un potere amministrativo.
Si tratterebbe dei c.d. diritti personalissimi (diritto all’integrità personale, al nome, ecc…), sui quali l’Amministrazione non può incidere, dei diritti definiti come tali dal legislatore (diritto all’indennità di esproprio, diritto del cittadino rispetto a trattamenti sanitari obbligatori; in questi casi l’attività amministrativa è sempre vincolata), e da ultimo di diritti ritenuti particolarmente importanti sul piano costituzionale (diritto alla salute, diritto all’integrità dell’ambiente, ecc…).
In questo ultimo caso la rilevanza della posizione soggettiva implicherebbe una sorta di rigidità originaria della stessa, tale da precludere qualsiasi “compressione” determinata dal potere dell’Amministrazione.
Pertanto anche in presenza di atti dell’Amministrazione si configurerebbero sempre diritti soggettivi, e non interessi legittimi.
Appare problematica, però, la possibilità di desumere dalla Costituzione la natura di posizione soggettiva e non è chiaro in base a quale criterio i diritti costituzionalmente rilevanti possano a loro volta essere discriminati (si pensi al caso del diritto di proprietà).
Alla stregua della giurisprudenza della Cassazione, la categoria dei diritti “perfetti” finisce col rappresentare comunque un’eccezione rispetto ai criteri generali per l’individuazione dell’interesse legittimo.

Tratto da GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA di Stefano Civitelli
Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo riassunto in versione integrale.