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Il processo di mediazione nel caso del crocifisso in classe


Tra le prospettive processuali, è opportuno, infine, valutare quella legata all’esercizio della potestà organizzativa dell’organizzazione scolastica, rafforzata dall’autonomia (che il nuovo art. 117 cost. salva dalla legislazione concorrente tra Stato e Regioni) delle sue istituzioni.
Queste sarebbero libere, quindi, di regolare l’esposizione del crocifisso caso per caso, in maniera flessibile e tenendo conto delle singole sensibilità e delle effettive richieste degli utenti del servizio scolastico.
Il processo di mediazione, invece, appare in astratto più confacente alle controversie sui diritti cultural-religiosi.
La mediazione, infatti, crea le condizioni per una ripresa dello scambio di esperienze, per un confronti tra le parti della relazione degenerata grazie al coinvolgimento della comunità e della sua etica pubblica.
L’esito della quale suffragherebbe, ragionevolmente, il convincimento che mettere o togliere il crocifisso sia il risultato di un diritto non impositivo ma dialogante.
Nel nostro ordinamento, il processo mediatorio non verrebbe condizionato da una scelta già fatta e riversata in una norma di rango primario, a meno di non accedere all’ipotesi secondo cui l’esposizione del crocifisso in aula e negli spazi pubblici in genere troverebbe fondamento non nelle stracche norme regolamentari più volte citate, ma in una consuetudine di carattere costituzionale.
Se così fosse, anche nel nostro ordinamento la mediazione verrebbe pregiudicata dall’esistenza di un fatto produttivo di norma impositiva: il comportamento uniforme e costantemente diffuso da sempre il tutto il Paese di esporre il crocifisso in pubblico.
Ma questa ricorrenza è contraddetta dall’espresso diniego oppostole dalla ricordata giurisprudenza della Corte Suprema.
In ogni caso, peraltro, non si vede quale lacuna vi sia nella Costituzione formale tale da dover essere colmata da una norma consuetudinaria.
Si può dire, quindi, che manca nel nostro ordinamento una norma pregiudicante il processo mediatorio e, quindi, non casualmente la soluzione affidata all’autonomia scolastica torna periodicamente ad affacciarsi nel dibattito.
Ma il mediatore sarebbe la stessa amministrazione scolastica, pur sempre vincolata al rispetto di una norma regolamentare e, quindi, priva di una posizione di terzietà, sia pure in termini non, come nel processo giudiziale, di equidistanza, ma piuttosto di equivicinanza, di coinvolgimento esperienziale nelle culture dei confliggenti.
Comunque sia, che disapplichi la norma regolamentare siccome incostituzionale o cerchi una mediazione tra gli osservanti e gli obiettori, l’amministratore scolastico mediatore finirebbe per operare caso per caso, con l’altamente probabile rischio di formare classi con e classi senza crocifisso.
Di nuovo, cioè, l’effetto a macchia di leopardo, ma aggravato dal fatto che nella mediazione non si tratterebbe di un effetto necessitato dai limiti soggettivi del sindacato di costituzionalità diffuso, bensì di un effetto positivamente voluto dall’amministrazione per giunta nell’esercizio dell’autonomia costituzionalmente riconosciutagli.

Tratto da EGUAGLIANZA E DIVERSITÀ CULTURALI E RELIGIOSE di Stefano Civitelli
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