Skip to content

L'errore di rappresentazione in legge

L'errore di rappresentazione in legge


Nell’ip. di errore di rappresentazione non si pone l’esigenza di “estendere” il dolo (erroneamente formatosi rispetto ad un certo fatto) al diverso fatto oggettivamente realizzato.
Es. se Mevio intende uccidere Sempronio facendogli esplodere l’auto su cui viaggia nella erronea convinzione che sia solo, l’ulteriore evento letale ai danni del passeggero gli sarà attribuito non già in base all’art. 82.2 c.p. come se fosse dolo, ma come un autonomo reato colposo e sempre che sussista una colpa reale ed effettiva.
Es. se Tizio da fuoco alla casa di Caio erroneamente convinto che il proprietario sia fuori, egli risponderà dell’omicidio di Caio non già in base all’art. 83 c.p. a “mero titolo colposo”, ma solo in presenza di una reale colpa.
In entrambe i casi, la divergenza tra quanto voluto e quanto realizzato trova la sua origine in errore di rappresentazione, poiché è del tutto evidente che il processo esecutivo dell’azione criminosa si è svolto esattamente come programmato dall’agente: l’esplosione dell’auto di Sempronio e l’incendio della casa di Caio.
E allora perché nel caso di aberratio gli effetti giuridici della divergenza sono meno radicali e l’ordinamento ammette un fenomeno di “estensione” o “dilatazione” della deliberazione criminosa per l’attribuzione di una fatto parzialmente diverso da quello voluto?
Bisogna muoversi dalla constatazione del diverso orientamento offensivo che la condotta rivela nei 2 differenti fenomeni:
_ Nell’ip. di errore di rappresentazione, la direzione offensiva della condotta viene circoscritta dall’autore al fatto (erroneamente) rappresentatosi e solo a quello.
Es. Tizio intende bruciare la casa di Caio e orienta il suo comportamento in tale direzione, impedendogli l’errore di rappresentazione di cogliere la pericolosità della condotta anche verso l’ulteriore risultato lesivo.
_ Nell’ip. di aberratio, invece, il soggetto assume una condotta che lo svolgimento successivo della vicenda mostra come se fosse aperta a sviluppi offensivi ulteriori: e, concernendo l’errore l’esecuzione, ciò significa che la condotta realizzata, anche se è poi “degenerata” verso altri risultati offensivi, è proprio quella stessa programmata dal soggetto.
Es. quando Tizio incendia l’auto di Caio, la sua condotta già nella rappresentazione dell’agente corrisponde esattamente alle potenzialità offensive di quella poi realizzata, anche se i risultati offensivi ulteriori si sono verificati per una deviazione esecutiva.
In definitiva => le ipotesi di aberratio sembrano essere caratterizzate dalla circostanza che il soggetto si pone consapevolmente in una situazione di illiceità potenzialmente aperta a sviluppi diversi e ulteriori rispetto a quelli direttamente presi di mira => in pratica, una situazione di rischio assunto consapevolmente.
Precisazioni
1) Riconoscere l’esistenza di un rischio nascente dal compimento di un’attività penalmente illecita non significa perciò solo ammettere la possibilità o addirittura la necessità di derogare alle regole generali in materia di responsabilità dolosa e colposa.
2) Una volta che sia prevista la disciplina delle ipotesi di aberratio in deroga alle regole generali, occorrerà in ogni caso interpretarla e applicarla in modo coerente alla sua ratio. La condotta esclusiva si deve rivelare in concreto almeno idonea a produrre il risultato offensivo perseguito dall’autore, che cioè integri gli estremi del tentativo del reato da lui rappresentatosi.
Infatti, la disciplina dell'aberratio si fonda sulla circostanza che il soggetto tiene consapevolmente una condotta pericolosamente aperta a plurimi sviluppi offensivi. Se la condotta producesse il risultato non voluto senza nemmeno creare il pericolo di quello voluto, ciò significherebbe che si è oggettivamente sviluppato un processo esecutivo in senso radicalmente diverso a quello rappresentatosi dall’agente, del quale egli potrebbe rispondere solo in “via autonoma” e per colpa.
Es. Tizio che vuole uccidere la suocera Mevia, prepara dei cioccolatini avvelenati e li conserva nella dispensa attendendo il momento per poterli m’offrire a Mevia. Se nel frattempo, la domestica, trovati i cioccolatini, se li mangia e muore => è ovvio che si ha la morte di una persona diversa da quella designata per una deviazione esecutiva del proposito criminoso, ma non sarà possibile applicare l’art. 82.1 c.p., ma solo eventualmente l’omicidio colposo. Infatti, non avendo la condotta ancora raggiunto la soglia della pericolosità nei confronti della persona designata, non è possibile “estendere” il dolo che la sorregge ad uno sviluppo esecutivo non solo anomalo ma addirittura estraneo alla produzione di quel pericolo (oggettivamente inesistente) su cui faceva conto l’agente.
Ricorrerebbe invece l’aberratio, nel caso in cui Mevia, dopo aver preso il cioccolatino offertogli da Tizio, invece di mangiarlo lei lo passi ad un altro ospite sopraggiunto: in tale caso la deviazione esecutiva viene a colpire una persona diversa dalla designata, essendosi però già prodotto il pericolo nei confronti dell’originario destinatario.


Tratto da DIRITTO PENALE di Beatrice Cruccolini
Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.