I caratteri della legittima difesa
L’aggressione
deve presentare tali caratteri:
1_ Oggetto dell’offesa deve essere un “diritto”. Per diritto si intendono oltre ai diritti soggettivi anche gli interessi legittimi giuridicamente tutelati, quindi generalmente si ammette la difesa a tutela non solo dei diritti personali (vita, incolumità..) ma anche dei diritti patrimoniali (proprietà) e dei diritti morali (onore, riservatezza).
Legittima è anche la difesa di un diritto altrui (c.d. soccorso difensivo).
2_ L’offesa deve essere ingiusta.
3_ Il pericolo deve essere attuale.
Per pericolo => si intende la probabilità di un danno.
Attuale è sia il pericolo incombente, quello cioè che scaturisce da una situazione che, se non interrotta, sfocerebbe nella lesione di un diritto, sia il pericolo perdurante, che si verifica nei reati permanenti e in quelli in cui, non essendosi del tutto esaurita l’offesa, non si è ancora verificato il passaggio dalla situazione di pericolo a quella di danno.
4_ Il pericolo non deve essere stato determinato volontariamente dall’agente.
La reazione
consta di 3 elementi:
1_ Costrizione: sebbene discusso generalmente si ammette che la “costrizione” sia elemento essenziale della difesa legittima, distinto dalla necessità (art. 52 c.p. “…costretto dalla necessità”).
La costrizione implica uh conflitto di interessi nell’aggredito, il quale deve trovarsi nell’alternativa “bloccata” di reagire o di essere offeso: non ricorre, quindi, quando l’agente ha intenzionalmente provocato o ha consapevolmente accettato o non evitato il pericolo.
2_ Necessità di difendersi: importa che la reazione rappresenti la soluzione inevitabile per sottrarsi all’offesa e sia obiettivamente idonea a neutralizzarla. Sia l’inevitabilità che l’idoneità vanno valutate in concreto.
3_ Proporzione con l’offesa: il proporzionalità rappresenta l’applicazione + evidente del principio del bilanciamento degli interessi: essa, infatti, sussiste ove il male provocato dall’aggredito all’aggressore risulti inferiore, uguale o tollerabilmente superiore a quello subito. Perciò non vi è proporzione fra offesa e difesa quando con un bastone si uccide chi, con lo stesso, si limitava a percuotere. L’opinione dominante (in dottrina e in giurisp.) ritiene che tale proporzione debba ricorrere tra il male minacciato e quello inflitto.
Situazione aggressiva.
Consiste nel pericolo attuale di un'offesa ingiusta ad un diritto proprio od altrui. Risalendo a ritroso dall'oggetto dell'aggressione (e cioè il diritto, proprio o altrui), occorre rilevare ch'esso si identifica non già con il diritto soggettivo stricto sensu inteso (es. proprietà), ma con qualunque situazione giuridica soggettiva attiva (potestà; diritto potestativo etc; anche un interesse legittimo: es., il candidato interviene per Impedire che un commissario trasmetta la prova d'esame ad un suo raccomandato).
La dottrina prospetta talora una nozione ancor più vasta, richiamando, in genere, un interesse giuridicamente protetto; ma la tesi va respinta, perché in tale accezione il riferimento al “diritto” risulterebbe superfluo, dato che il concetto di “offesa” sarebbe già sufficiente ad esprimere la lesione o la messa in pericolo di un interesse tutelato.
La difesa legittima non può dunque essere esercitata rispetto ai beni collettivi o diffusi (quali, ad es., l'ordine pubblico, l'integrità ambientale), a :meno che non si tratti di forme esponenziali di interessi individuali (ad es., l'incolumità pubblica, che sottintende la tutela della vita e dell'integrità fisica di una pluralità di persone).
La restrizione è giustificata, perché la difesa legittima non rappresenta una sorta di delega all'esercizio di poteri di polizia per impedire qualsiasi tipo di reato, ma un mezzo di autotutela.
L'offesa al diritto consiste nella sua lesione, prospettata (in termini di “pericolo attuale”) sia da un'azione (non necessariamente violenta), che da un'omissione (es., Tizio costringe un automobilista che sta per omettere il soccorso doveroso verso un infortunato, a trasportarlo in ospedale sulla sua vettura).
Comportamento umano
Deve in ogni caso trattarsi di un comportamento umano: la reazione contro animali che siano res nullius è atipica; quella contro animali altrui, se necessaria, non può del pari essere ricompresa nell'art. 638 co. 1 c.p., che subordina la rilevanza del fatto alla mancanza di una “necessità”.
E’ ammissibile la difesa diretta contro il proprietario o il custode dell'animale perché lo controlli (reazione contro una condotta omissiva). L'offesa deve essere ingiusta, e cioè recata senza un titolo legittimante (sine jure). Pertanto è “ingiusta” l'offesa che non corrisponda all'esercizio di una facoltà legittima o all'adempimento di un dovere, includendo nella prima, oltre all'esercizio del diritto, anche le scriminanti del consenso e della difesa legittima stessa, e nel secondo, oltre all'ipotesi dell'art. 51 co. 1, quella dell'art. 53.
Lo stato di necessità (art. 54) non esclude invece l'ingiustizia dell'offesa: al terzo innocente non può essere imposto di subire il sacrificio di un proprio interesse => In questo senso, è indifferente che l'offesa minacciata sia colpevole o incolpevole (è così consentita, ad es., la difesa legittima contro un non imputabile).
Se l’aggressione fosse “giusta”, cioè conforme agli obiettivi e alle regole dell’ordinamento, quest’ultimo non potrebbe certo autorizzare la sua impedibilità, conferendo ai privati uno strumento legittimo di autodifesa capace di frustrare le finalità dell’ordinamento e di porlo così in contraddizione con se stesso.
Pericolo attuale
L'offesa ingiusta a un diritto proprio od altrui deve essere oggetto di un pericolo attuale: esso non deve quindi essere né passato (nel qual caso ci si troverebbe in presenza di una ritorsione, e non di una difesa: al reato commesso potrà tuttavia essere applicata l'attenuante della provocazione, di cui all'art. 62 n. 2), né futuro (nel qual caso sarebbe possibile ricorrere ai normali strumenti di tutela pubblica), ma presente al momento del fatto.
Il pericolo deve essere valutato secondo il parametro consueto in tal tipo di giudizio (la probabilità secondo la miglior scienza ed esperienza), tenendo tuttavia conto non soltanto delle circostanze materiali conoscibili ex ante, ma anche di quelle apprese ex post: così, se il rapinatore minaccia con un'arma che risulta poi essere un giocattolo, il pericolo non ha in effetti riguardato la vita dell'aggredito; se questi ha ucciso il rapinatore, la sua reazione non può essere giustificata dalla difesa legittima reale, ma, eventualmente, da quella putativa (art. 59 co. 4), rilevante sul piano della colpevolezza.
La contraria opinione (secondo cui il pericolo dovrebbe essere valutato ex ante) determina aporie sistematiche, consentendo una difesa legittima reciproca: così, nell’ es. di prima, l'originario aggressore (che sa bene di non aver realizzato alcun pericolo di morte), di fronte alla reazione della vittima, obiettivamente sproporzionata perché sviluppata sull'erroneo presupposto che sia minacciata la vita, sarebbe a sua volta legittimato a reagire all'eccesso, col risultato invero paradossale che entrambi i soggetti realizzerebbero un fatto obiettivamente lecito.
Si deve notare che l'attualità del pericolo non implica che l'offesa sia iniziata, ma non lo esclude: purché essa non sia esaurita, la difesa è sempre consentita (così nei reati permanenti ed abituali, il pericolo attuale di un'offesa ingiusta persiste per tutto il tempo in cui si sviluppa l'offesa: il sequestrato può, ad es., reagire contro i sequestratori fin che dura la privazione della libertà personale).
Secondo una parte della dottrina e la giurisprudenza, il pericolo rilevante ai fini dell'art. 52 dovrebbe essere involontario, e cioè non provocato dal soggetto che si difende (ad es.: Tizio sfida Caio ad un duello rusticano). Ma si tratta di una tesi che non persuade, soprattutto perché si tratta di un requisito che, espressamente menzionato nell'art. 54 co. 1 (stato di necessità), non figura affatto tra quelli dell'art. 52: si deve allora concludere che nella difesa legittima esso non è richiesto.
Tuttavia, molte delle situazioni in cui la scriminante viene negata per la volontarietà del pericolo, possono essere più convincentemente escluse dall'ambito di applicazione dell'art. 52 per il difetto del requisito della “costrizione”.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Beatrice Cruccolini
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- Università: Università degli Studi di Perugia
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto Penale
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