Impresa collettiva. Impresa pubblica
Tre sono le figure espressamente contemplate dal legislatore: impresa individuale, impresa societaria ed impresa pubblica.
Si ha impresa individuale quando titolare dell’impresa è una persona fisica.
Le società sono le forme associative tipiche, anche se non esclusive, previste dall’ordinamento per l’esercizio collettivo di attività di impresa. Esistono diversi tipi di società e che la società semplice è utilizzabile solo per l’esercizio di attività non commerciale, mentre gli altri tipi di società possono svolgere sia attività non commerciale, mentre gli altri tipi di società possono svolgere sia attività agricola sia attività commerciale.
Le società diverse dalla società semplice si definiscono tradizionalmente società commerciali e potranno essere imprenditori agricoli o imprenditori commerciali a seconda dell’attività esercitata. Si distingue perciò fra società di tipo commerciale con oggetto agricolo e società di tipo commerciale con oggetto commerciale.
L’applicazione alle società commerciali degli istituti tipici dell’imprenditore commerciale segue regole parzialmente diverse da quelle viste per l’imprenditore individuale:
Parte della disciplina propria dell’imprenditore commerciale si applica alle società commerciali qualunque sia l’attività svolta. C’è l’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese anche per la tenuta delle scritture contabili. Resta fermo l’esonero delle società commerciali che gestiscono un’impresa agricola dal fallimento e dalle altre procedure concorsuali.
Le società non sono mai piccoli imprenditori. Non opera l’esonero dalle procedure concorsuali fondato sulle dimensioni dell’impresa.
Nelle società in nome collettivo (snc) ed i accomandita semplice (sas) parte della disciplina dell’imprenditore commerciale trova poi applicazione solo o anche nei confronti dei soci a responsabilità illimitata.
Attività di impresa può essere esercitata anche dallo Stato e dagli altri enti pubblici. Tre sono le possibili forme di intervento dei pubblici poteri nel settore dell’economia.
Lo Stato o altro ente pubblico territoriale possono svolgere direttamente attività di impresa avvalendosi di proprie strutture organizzative, prive di distinta soggettività, ma dotate di una più o meno ampia autonomia decisionale e contabile. L’attività d’impresa è per definizione secondaria ed accessoria rispetto ai fini istituzionali dell’ente pubblico. Si parla perciò di imprese-organo.
Enti di diritto pubblico il cui compito istituzionale esclusivo o principale è l’esercizio di attività di impresa, cioè enti pubblici economici. Fino al 1990 costituivano il nucleo centrale delle imprese pubbliche. Con una serie di interventi legislativi, quasi tutti gli enti pubblici economici sono stati trasformati in società per azioni a partecipazione statale (privatizzazione formale) quando non sono stati posti in liquidazione. È stata avviata la dismissione delle partecipazioni pubbliche di controllo (privatizzazione sostanziale) in molte di tali società.
Lo Stato e gli altri enti pubblici possono infine svolgere attività di impresa servendosi di strutture di diritto privato: attraverso la costituzione di o la partecipazione in società, generalmente per azioni. Partecipazione che può essere totalitaria, di maggioranza o di minoranza. È questo il vasto settore delle società a partecipazione pubblica.
Gli enti pubblici economici sono sottosti allo statuto generale dell’imprenditore e, se l’attività è commerciale, allo statuto proprio dell’imprenditore commerciale, con una sola eccezione: l’esonero dal fallimento e dalle procedure concorsuali minori, sostituiti dalla liquidazione coatta amministrativa o da altre procedure previste in leggi speciali.
Gli enti pubblici che svolgono attività commerciale accessoria sono sottoposti allo statuto generale dell’imprenditore , nonché a tutte le restanti norme previste per gli imprenditori commerciali e, fra l’altro, all’obbligo di tenuta delle scritture contabili.
Le associazioni (riconosciute e non), le fondazioni e, più in generale, tutti gli enti privati con fini ideali o altruistici possono svolgere attività commerciale qualificabile come attività di impresa. Essenziale per aversi impresa è che l’attività produttiva venga condotta con metodo economico e tale metodo può ricorrere anche quando lo scopo perseguito sia ideale.
L’esercizio di attività commerciale da parte di tali enti, pur presentando sempre carattere strumentale rispetto allo scopo istituzionale perseguito, può costituirne anche l’oggetto esclusivo o principale.
È più frequente però che l’attività commerciale presenti carattere accessorio rispetto all’attività ideale costituente l’oggetto principale dell’ente.
Che l’attività commerciale abbia carattere accessorio però non impedisce di certo l’acquisto della qualità di imprenditore, non potendosi eccepire che faccia difetto il requisito della professionalità. Essi acquistano la qualità di imprenditori commerciali con pienezza di effetti anche se l’attività commerciale ha carattere accessorio o secondario. Saranno quindi esposti al fallimento.
Le associazioni e le fondazioni esercenti attività commerciale in forma di impresa diventano sempre e cmq imprenditori commerciali e restano sempre e cmq esposte al fallimento, senza possibilità di operare arbitrarie distinzioni in base al carattere principale o accessorio dell’attività di impresa.
Il fallimento di un’impresa collettiva senza scopo di lucro non comporta il fallimento di chi risponde illimitatamente per le relative obbligazioni.
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Dettagli appunto:
- Autore: Enrica Bianchi
- Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto commerciale
- Titolo del libro: Diritto commerciale, 1. Diritto dell'impresa
- Autore del libro: Gian Franco Campobasso
- Editore: UTET
- Anno pubblicazione: 2008
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