Il codice civile nel fascismo
IL CODICE CIVILE NEL FASCISMO
Questa esperienza ha portato alla creazione di un codice, nel 1942, che si sostituiva a quello del 1865 (riflesso dell’esperienza napoleonica): viene posta l’attenzione sul tema del lavoro, per l’importanza che assume nella vita pubblica (però con un marchio che esprime l’ideologia fascista).
Per es l’art. 2096 c.c.: disciplina il patto di prova, già stato oggetto di argomentazione nella prima legge organica del 1924.
Viene trattato anche il tema della qualificazione del rapporto di lavoro (dipendente, autonomo,..).
I rapporti di lavoro seconda l’ideologia fascista non sono caratterizzati da interessi conflittuali: gli interessi particolari vengono subordinati agli interessi superiori della nazione.
Art. 2104 c.c.: diligenza del prestatore di lavoro. La norma individua i criteri di determinazione del corretto adempimento in base a tre elementi: interesse della prestazione dovuta, interesse dell’impresa, interesse della produzione nazionale. La parte “produzione nazionale” non è stata più ritenuta valida: quindi i criteri sono diventati due. Questa norma esprime l’ideologia del legislatore dell’epoca: nei rapporti di lavoro non ci dovevano essere interessi conflittuali e antagonisti, ma era da considerare preminente un interesse superiore a quelli singolari dei quali le parti erano portatrici.
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Dettagli appunto:
- Autore: Francesca Morandi
- Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
- Facoltà: Giurisprudenza
- Corso: Giurisprudenza
- Esame: Diritto del lavoro
- Docente: Prof.ssa Tiziana Vettor
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