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La natura della legge di conversione


I limiti alla decretazione governativa si risolvono in limiti della legge di conversione, questa non essendo autorizzata a convertire ogni decreto, ma solo quelli che rispondono al modello dell’art. 77 cost.
Tale legge, per un verso, costituisce deroga agli artt. 71 e 72 cost., che richiedono la redazione in articoli del progetto di legge e la sua approvazione articolo per articolo e con votazione finale, per altro verso, è per definizione sottratta ai limiti generali sulla retroattività delle leggi.
Si discute in dottrina circa la natura della legge di conversione, se essa debba assimilarsi alla conversione degli atti invalidi, conosciuta nel diritto privato, ovvero se essa costituisca una forma di ratifica o svolga una funzione del tutto diversa.
La tesi della ratifica appare l’opinione preferibile, sia in quanto lo stesso termine impiegato designa un fenomeno di trasformazione dell’atto, assimilabile all’approvazione o alla ratifica, sia perché nella disciplina costituzionale la legge di conversione assume la funzione di atto ripristinatorio del normale ordine delle competenze.
Sempre a proposito della natura della conversione, è dibattuto de questa debba essere intesa come conversione dell’atto o delle sue disposizioni e, conseguentemente, da un lato, se sia ammissibile la conversione parziale e, dall’altro, come vada configurata la conversione con emendamenti.
Probabilmente per risolvere il problema occorre distinguere i due profili della conversione: quello della responsabilità del Governo e quello della sostituzione della legge al decreto.
Nella prassi, la disposizione di conversione è unica e coinvolge il decreto nella sua totalità, anche quando gli emendamenti da cui è interessato ne stravolgono l’impianto sino a modificarlo del tutto.
In tal caso si può dire che il Parlamento, pur modificando anche in profondità il testo del decreto, avalla l’intervento del Governo e la sua valutazione sulla straordinaria necessità ed urgenza, scaricandolo da ogni responsabilità.
Detta prassi, però, non dovrebbe escludere la legittimità di una conversione di soltanto alcune parti del decreto, ove solo relativamente a queste il Parlamento abbia condiviso la necessità dell’intervento governativo; sicché il Governo dovrà sopportare le conseguenze della mancata conversione.
Diversa è invece l’ipotesi della conversione con emendamenti soppressivi o sostitutivi, la cui efficacia retroattiva non equivale a mancata conversione, ma discende dall’esercizio del normale potere legislativo del Parlamento.
Essa, dunque, esprimendo la volontà di convertire il decreto nella sua interezza, non determina la responsabilità governativa in relazione alle disposizioni soppresse o sostituite.

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