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Norme tributarie: le fonti comunitarie


L’articolo 10 cost. e, soprattutto, l’articolo 11 cost., vengono oggi interpretati come suscettibili di dar vita a devoluzioni di competenze e ad una corrispondente autolimitazione della sovranità statale in vari settori (ivi compreso quello tributario), anche a favore di organismi politico-economici quali la Comunità Europea e senza bisogno che i trattati cui fa riferimento il precetto costituzionale debbano essere adottati con legge costituzionale.
Con riguardo alle fonti primarie si è già detto di quelle idonee ad incidere direttamente sulla struttura dei singoli sistemi tributari.
Innanzitutto, l’articolo 93 Trattato CE sottolinea in maniera puntuale il carattere strumentale dell’armonizzazione fiscale rispetto all’instaurazione ed al mantenimento del mercato interno.
Appunto in ragione di questa funzione meramente strumentale, l’articolo 93 Trattato CE individua precisi limiti al processo di armonizzazione.
Una prima delimitazione concerne il settore al quale il meccanismo delineato dall’articolo 93 è circoscritto, coincidente in sostanza con una sola imposizione indiretta, e principalmente con l’imposta sulla cifra d’affari (ossia, attualmente, l’IVA).
Ciò non impedisce al Consiglio, in astratto, di intervenire pure in punto di convergenza delle legislazioni nazionali afferenti alle imposte dirette, giacché il successivo articolo 94 Trattato CE consente genericamente a tale organo di adottare direttive volte al ravvicinamento delle disposizioni degli Stati membri che abbiano un’incidenza diretta sull’instaurazione e sul funzionamento del Mercato Comune.
Ferma dunque tale possibilità, è tuttavia da evidenziare che nel Trattato non si è ritenuto opportuno inserire al riguardo alcuna norma specifica in tema di imposizione diretta: ciò, evidentemente, poiché all’armonizzazione di questo settore impositivo non si è inteso riconoscere un ruolo decisivo nell’ambito del mercato unico.
La seconda limitazione, riguarda il grado o alla misura del ravvicinamento cui deve mirare il Consiglio: in sostanza, il legislatore comunitario limita il “tasso di uniformità” a quello indispensabile, sia necessario e sufficiente per assicurare l’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno.
Per completare il quadro è opportuno accennare altresì al modus procedendi imposto al Consiglio per l’adozione delle proprie deliberazioni in materia.
Per quanto riguarda le deliberazioni in tema di imposte indirette è richiesta l’unanimità; in ordine alle imposte diverse, il Consiglio può seguire la procedura prevista per l’adozione delle direttive volte in genere al riavvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri, ma anche in questo caso è necessaria la deliberazione all’unanimità.
Quanto al diritto derivato, rilevanza preminente assumono i regolamenti e le direttive, entrambi operanti direttamente nel nostro ordinamento.
Sebbene l’articolo 189 Trattato CE non contempli un efficacia immediata delle direttive, la Corte di Giustizia ha tuttavia ritenuto che, allorquando siano scaduti i termini di attuazione e la direttiva imponga obblighi incondizionati e sufficientemente precisi, questa in parte qua si rende applicabile all’interno dello Stato inadempiente.

Tratto da CONCETTI SUL DIRITTO TRIBUTARIO E SULL'IVA di Stefano Civitelli
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