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L'indagine filosofica di Kierkeegard


Soren Kierkeegard nacque a Copenaghen nel 1813. Kierkeegard ha cercato di ricondurre la comprensione dell’esistenza alla categoria della possibilità, mettendone in luce il carattere negati-vo. Ogni possibilità è, infatti, oltre che possibilità-che-sì, sempre anche possibilità-che-non. Il suo pensiero si sforza inoltre di chiarire tutte le possibilità fondamentali dell’uomo, e il tema della fede.

Secondo Kierkeegard, esistere significa scegliere. Infatti, la scelta non è una semplice manifestazione della personalità, ma costituisce o forma la personalità stessa, che sceglie vivendo o vive scegliendo. L’individuo non è quel che è, ma ciò che sceglie di essere. Kierkeegard ritiene inoltre che nella Ragione l’uomo singolo è assorbito e dissolto. Di fronte ad essa, egli presenta l’istanza del singolo, dell’esistente. “La verita è tale solo quando è una verità per me”.

In Aut-Aut, Kierkeegard presenta l’alternativa tra due stadi: la vita estetica e la vita morale. Tra uno stadio e l’altro vi è abisso e salto. La stadio estetico è la forma di vita di chi esiste nell’attimo, e l’esteta è colui che vive poeticamente. La vita estetica esclude la ripetizione ed è rappresentata da Giovanni, il protagonista del Diario del seduttore. Chiunque viva esteticamente è disperato; la disperazione per il vuoto della propria esistenza è l’ultimo sbocco della concezione estetica.

La vita etica nasce dalla scelta della disperazione. Essa è il dominio della riaffermazione di sé, del dovere e della fedeltà. Nella vita etica l’uomo singolo si sottopone a una forma, si adegua all’universale e rinuncia a essere l’eccezione. Come la vita estetica è incarnata dal seduttore, la vita etica è incarnata dal marito. Il matrimonio è l’espressione tipica dell’eticità.

Tuttavia, anche questa scelta è destinata al fallimento: l’uomo etico riconosce la propria finitudine peccaminosa e si pente. Inoltre, in essa, l’individuo non riesce a trovare la propria singolarità genuina. Da ciò il bisogno di un’esperienza più profonda. Tale è la vita religiosa.

Tra la vita etica e quella religiosa vi è un abisso ancor più profondo. Kierkeegard chiarisce ciò in Timore e Tremore, raffigurando la vita religiosa nella persona di Abramo. Il suo sacrificio del figlio non gli è suggerito da una qualsiasi esigenza morale, ma da un puro comando divino. L’afferma-zione del principio religioso sospende l’azione del principio morale: la loro opposizione è radicale.

La fede, inoltre, è un rapporto privato tra l’uomo e Dio. E’ il dominio della solitudine. Da qui deriva il suo carattere incerto: la fede è paradosso e scandalo. Cristo è il segno di questo paradosso: è colui che soffre e muore come uomo, mentre parla e agisce come Dio.

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