La teoria delle aree valutarie ottimali
Ci sono tre criteri fondamentali per l’individuazione di un’area monetaria ottimale:
• Mobilità fattoriale: prerequisito fondamentale affinché l’unione porti dei benefici. Se i salari sono uniformi all’interno dell’UE allora l’equilibrio si porterebbe solo attraverso la migrazione del lavoro;
• Integrazione: il grado di integrazione tra le economie dovrebbe essere misurato anche in termini di omogeneità delle strutture di produzione e consumo in modo da dimostrare forti sviluppi comuni e reazioni a shock esterni. Tutti i poteri sono trasferiti a livello comunitario e la distribuzione settoriale delle risorse non viene lasciata solo ai meccanismi di mercato. La comunità si sta muovendo per accrescere la flessibilità dei meccanismi di mercato con obiettivo di realizzare un campo di gioco uniforme per tutti coloro che partecipano al mercato ed eliminare qualsiasi tipo di discriminazione per quanto concerne le transazioni tra i residenti di due paesi.
• Condivisione dei rischi: malgrado la stabilità dei tassi di cambio reali nello SME sono emersi grossi squilibri dovuti a due fattori, la diversità della politica fiscale dei paesi membri e la disparità riscontrata nelle relazioni con l’estero. L’offerta eccessiva di attività finanziarie espresse in alcune monete ed eccesso di domanda comportano che l’integrazione monetaria non risolve squilibri regionali che sorgono da divergenze di carattere reale e ciò richiede un avanzamento parallelo nel campo della integrazione economica ed una integrazione delle politiche economiche in termini fiscali e monetarie.
I vantaggi dell’unificazione monetaria sono un più elevato livello di efficienza allocativa delle risorse, minori costi di conversione di una valuta all’altra, eliminazione dei movimenti speculativi di capitali tra paesi membri, minor uso di riserve internazionali da parte delle banche centrali, maggiore impulso all’integrazione economica ed infine coordinamento dei mercati di cambio.
I costi e i benefici di un’area valutaria ottimale:
Il costo più significativo per un processo di unione monetaria riguarda la perdita di autonomia nella conduzione della politica monetaria con conseguente impossibilità ad utilizzare la manovra del t<asso di cambio come strumenti di politica economica.
Un aumento dei prezzi interni genera una diminuzione della domanda dei beni nazionali ed una diminuzione del PIL, nel paese concorrente invece, c’è una domanda maggiore di beni nazionali e un aumento del PIL. Se la domanda interna dei residenti nazionali non diminuisce il calo del PIL avrà effetti negativi sulla bilancia dei pagamenti. Nel caso di un aumento dei prezzi interni, la domanda dei beni nazionali subisce una riduzione con conseguente diminuzione del PIL mentre, nel paese concorrente il PIL tenderà ad aumentare. Se la domanda interna dei residenti nazionali non diminuisce il calo del PIL avrà effetti negativi sulla bilancia dei pagamenti in quanto verrà a prodursi un deficit sulle partite correnti. Viceversa nel caso del paese concorrente che registrerà un surplus.
Alla riduzione del PIL si associa un effetto negativo rappresentato dalla crescita del tasso di occupazione. Al fenomeno svalutativo si associa un aumento del costo delle importazioni ed una aumento del costo degli altri fattori produttivi e quindi un aumento del livello dei prezzi generale.
Il meccanismo può essere ristabilito tramite la flessibilità salariale per cui se i salari sono flessibili la curva di offerta aggregata subirà una trasposizione verso il basso e l’abbassamento del prezzo renderà i prodotti italiani più competitivi sui mercati internazionali; e la mobilità del lavoro in base al quale la forza lavoro si sposterà ove c’è produzione.
Un paese che presenta il maggiore tasso di flessibilità sopporta costi minori rendendo meno problematico il passaggio verso l’integrazione monetaria.
Molti paesi tra cui l’Italia dovrebbero intensificare le azioni volte a ridurre il grado di rigidità dei mercati onde evitare azioni troppo costose sul piano sociale di natura deflazionistica.
L’analisi dei benefici:
I benefici sono la riduzione dei costi di conversione e transazione ed eliminazione della variabilità dei tassi di cambio. L’eliminazione dei costi di transazione servono a ridurre la discriminazione dei prezzi tra i mercati nazionali. Nonostante l’avvio dell’UEMonetaria i differenziali di prezzo sono piuttosto marcati. I differenziali sono frutto della segmentazione dei mercati nazionali e dei costi di transazione.
L’incertezza dei tassi di cambio comporta anche l’incertezza sui prezzi attesi dei beni e servizi. Il sistema dei prezzi non produce informazioni attendibili sugli operatori economici distorcendo attività di consumo, investimento e produzione. un ulteriore vantaggio connesso al processo di UEM è quello derivante da un innalzamento del PIL dell’economia in base alle stesse ipotesi del sistema chiuso, ovvero, esistono rendimenti di scala costanti nella produzione, tutti i mercati di beni e servizi sono perfettamente competitivi, i fattori della produzione si muovono liberamente in risposta ai differenziali nei assi di remunerazione, la possibilità dl prezzo assicura il pieno impiego, la remunerazione dei fattori è data dalla loro produttività marginale, la conoscenza tecnologica cresce ad un tasso fisso stabilito esogenamente.
L’eliminazione del rischio del tasso di cambio, producendo un abbassamento del tasso di interesse consenta all’economia di raggiungere tassi di crescita più elevati, grazie all’accumulazione di capitali.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Alessandro Remigio
[Visita la sua tesi: "L'offerta fuori sede di strumenti finanziari"]
[Visita la sua tesi: "Valore delle merci e diritti di licenza"]
- Università: Università degli Studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara
- Facoltà: Economia
- Docente: Prof. Giuseppe Mauro
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