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Studio antropologico: comunicare altrimenti


Il linguaggio non è fatto solo di parole, ma anche di gesti: esiste una comunicazione gestuale che a volte può accompagnare la parola, sottolinearne l’importanza, enfatizzarla, sostituirla. Anche noi usiamo gesti che, pur non essendo universalmente condivisi, sono culturalmente caratterizzanti: strizzare l’occhio, gonfiare le guance per indicare che siamo stufi, mimare le forbici per dire di tagliare corto (ma per esempio in Giappone potrebbe voler dire un invito a mangiare qualcosa). Un altro esempio di linguaggio non verbale ci viene da una pratica chiamata scambio muto, oppure la teatralità dei balinesi.
Anche il comportamento è un codice e una forma di comunicazione, soprattutto se pensiamo che la nostra vita quotidiana è una forma di rappresentazione che corre su due piani paralleli: quello pubblico, chiamata ribalta, dove l’attore esprime e mette in scena il suo io sociale, ciò che di sé vuole mostrare agli altri, poi c’è il retroscena, dove l’individuo torna ad essere se stesso. La gestualità, la mimica, la lingua sono i pilastri di questo codice che per un verso può diventare un segno identitario, un atteggiamento nel quale i membri di un gruppo si riconoscono, oltre a diventare degli stereotipi.
Il corpo non comunica solo attraverso i gesti, ma può anche essere un supporto per forme di scrittura, come nel caso delle pitture facciali dei nativi americani e dei tatuaggi; così come lo spazio può diventare base di supporto per un linguaggio silenzioso: a una determinata distanza sociale corrisponde una determinata distanza fisica. Hall ha individuato 4 tipi di distanza:
1. la distanza intima, tra i 0 e i 45 cm, in cui ci si abbraccia, ci si tocca e si parla sottovoce, quello degli innamorati;
2. la distanza personale, tra i 45 e i 120 cm, che caratterizza l’interazione tra amici stretti;
3. la distanza sociale, tra 1,2 e 3,5 m, che determina la comunicazione tra conoscenti;
4. la distanza pubblica, oltre i 3,5 m, utilizzata nelle pubbliche relazioni.
Tali distanze non sono innate o naturali, ma costruite culturalmente: in ogni società ci sono modalità specifiche di rapportarsi nello spazio, che danno vita a una bolla invisibile che circonda ogni individuo attribuendogli uno spaio d’azione specifico.

Tratto da IL PRIMO LIBRO DI ANTROPOLOGIA di Elisabetta Pintus
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