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Riclassificazione dello Stato Patrimoniale


A) Criterio della liquidità/esigibilità. L’elemento discriminante per l’aggregazione dei valori patrimoniali secondo questa metodologia è il tempo. L’obiettivo è infatti quello di raggruppare le poste dell’attivo e passivo secondo i loro tempi di trasformazione in moneta, esponendo le singole attività in funzione della liquidità decrescente, e le passività secondo il grado di esigibilità. Questo tipo di riclassificazione è generalmente utilizzato per accertare se esista una corrispondenza tra le scadenze temporali degli investimenti e dei finanziamenti, ovvero se vi sia equilibrio finanziario, secondo cui durate omogenee di attivo e passivo sono necessarie per evitare tensioni finanziarie.
Le attività patrimoniali sono suddivise in 2 macro-aggregati (La soglia temporale che viene posta a separazione dei 2 aggregati coincide di solito con i 12 mesi):
1) L’attivo a breve (voci che entro l’esercizio potranno trasformarsi in liquidità):
a. Liquidità immediate: poste che sono già moneta (cassa e saldi in c/c) e altre attività del tutto assimilabili alla moneta poiché immediatamente trasformabili in liquidità (es. Titoli di Stato, azioni o obbligazioni quotate in mercati ufficiali)
b. Liquidità differite: crediti commerciali, cambiali attive.
c. Disponibilità: rimanenze finali di esercizio e anticipo a fornitori
2) L’attivo consolidato (o attività immobilizzate): comprendono tutti gli investimenti di lungo periodo.
a. Attività immobiliari
b. Immobilizzazioni tecniche (impianti, macchinari, immobili “operativi”)
c. Immobilizzazioni finanziarie (azioni, quote societarie, altri titoli in portafoglio)
d. Immobilizzazioni immateriali (marchi, brevetti, ricerche…)
Tutte le poste dell’attivo per le quali sia stato costituito un corrispondente fondo al passivo sono esposte al netto del medesimo.
La somma della attività a breve e a lungo dà il tot. del capitale investito al netto dei fondi rettificativi.

Le voci del passivo sono raggruppate in 3 macro-categorie. Il criterio sottostante la suddivisione è dato dalle scadenze temporali delle varie poste.
Le passività a breve termine. Comprendono i debiti con scadenza entro l’esercizio. (debiti verso banche, debiti v/fornitori, debiti tributari, quote a breve di debiti consolidati.
Le passività consolidate: mutui, debiti consolidati, prestiti obbligazionari, fondo TFR.
Il capitale netto. Capitale sociale, riserve, Utili (perdite), alcune tipologie di fondi (fondi rivalutazione ed eventuali contributi a fondo perduto
La somma delle passività totali e del netto è pari al capitale investito.
I valori delle diverse aree di aggregazione sono dati necessari per la costruzione di numerosi  quozienti di bilancio.
Questo schema di riclassificazione –pur nei suoi limiti- offrirà valide indicazioni in particolare in 2 casi:
Per uno studio di tipo statico, ovvero indirizzato esclusivamente all’analisi della struttura patrimoniale.
Per analisi condotte da soggetti esterni all’azienda, generalmente volte a misurare il grado di equilibrio finanziario al momento della redazione del bilancio.

B) Riclassificazione secondo la pertinenza gestionale (o funzionale). Tale criterio mira a isolare tutte le poste afferenti la gestione corrente (o caratteristica), permettendo di ricondurre le rimanenti alle altre aree gestionali, ovvero l’area degli investimenti/disinvestimenti; quella dei finanziamenti/rimborsi e quella delle gestioni accessorie.
Il ciclo caratteristico di qualsiasi azienda industriale è facilmente ripartibile in 3 fasi: acquisto - trasformazione - vendita.

Nb: l’aggettivo “corrente” non è riferito alla dimensione temporale delle poste, ma al loro collegamento con le fasi del ciclo acquisto-trasformazione-vendita caratteristica.

NB2: Il Fondo TFR è inserito tra le passività correnti perché le prestazioni di lavoro dei dipendenti sono in larga parte funzionali alla gestione caratteristica; e i debiti tributari perché si ipotizza che tutte le imposte siano da ricollegare alla gestione caratteristica.

Un indicatore di sintesi utilizzato con frequenza dagli analisti finanziari è la posizione finanziaria netta (PFN o “esposizione finanziaria netta”). Esprime l’ammontare dei debiti finanziari al netto delle attività che potrebbero essere liquidate e utilizzate immediatamente per il rimborso; fornisce pertanto una misura dell’ammontare di debito per il quale non esiste un’immediata copertura
PFN = totale dei debiti finanziari aziendali (a prescindere dalla loro scadenza) - le attività liquide (cassa, c/c attivi, titoli negoziabili e crediti finanziari).
Il ricorso al concetto di PFN è particolarmente utile quando si intende misurare il grado di indebitamento “effettivo” delle imprese che fanno parte di gruppi economici e intrattengono con altre società del gruppo rapporti aventi natura finanziaria.
Tale modello di riclassificazione consente di mettere in luce una grandezza:
CCNC (capitale circolante netto commerciale) = attività correnti – passività correnti.
Il capitale circolante netto commerciale (o circolante) può anche essere definito come l’investimento (o il finanziamento, qualora la differenza dovesse mettere in evidenza un valore negativo) generato dalla gestione caratteristica.
Alternativamente può essere visto come l’insieme delle uscite monetarie conseguenti all’esercizio dell’attività caratteristica che non hanno ancora trovato compensazione in entrate monetarie, sempre relative alla medesima gestione.
Questa definizione di circolante si contrappone a quella che deriva dallo S.P riclassificato secondo l’approccio della liquidità/esigibilità, secondo cui è “capitale circolante netto” la differenza tra attività e passività a breve.

Tratto da FINANZA D'AZIENDA di Alessia Chiovaro
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