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Definizione del rischio in finanza


In aggiunta alla media, il 2° parametro di cruciale importanza per sintetizzare le principali caratteristiche dei rendimenti storici (e attesi) degli strumenti finanziari concerne l’analisi e la misura della variabilità dei rendimenti. La dispersione dei rendimenti intorno alla loro media rappresenta il grado di “incertezza” dei rendimenti stessi.
In finanza, le misure di variabilità dei rendimenti definiscono il rischio degli strumenti finanziari.
Il concetto di rischio ha un’accezione ampia e non sempre negativa; al concetto di rischio è associato un concetto di discordanza tra quanto si era ipotizzato sul futuro e quanto accade realmente.
Si può leggere dunque il rischio in 2 sensi: come opportunità (di ottenere più di quanto sperato) e come danno potenziale (di subire una perdita).
Fattori alla radice (fonti) della variabilità dei rendimenti delle attività finanziarie, che costituiscono a loro volta tipologie di rischio:
Rischi commerciali, competitivi e settoriali (sono di natura eterogenea; es: ingresso nuovi concorrenti, sviluppo tecnologico, mancanza di competitività, etc)
Rischio di insolvenza (il debitore non è in grado, anche a seguito della liquidazione dei suoi beni, di rimborsare il prestito ricevuto)
Rischio di liquidità (rischio di non poter vendere un titolo finanziario al proprio prezzo (es per assenza di un mercato di riferimento o di acquirenti interessati)
Rischio di comportamenti opportunistici e truffe (legato all’agire degli operatori)
Rischio normativo. (cambiamenti nel corpo normativo)
Rischi naturali (calamità)
Rischio di cambio (un ribasso nei corsi dei cambi può causare una perdita di valore delle attività possedute in divisa estera; un incremento  dei tassi di cambi può originare un aumento di valore in valuta domestica di tali attività)
Rischio di tasso (fluttuazioni dei tassi di interesse espongono al rischio di subire perdite in c/capitale)
Rischio politico (legato alle decisioni politiche: es introduzione di regimi fiscali discriminatori, impossibilità di ricondurre in patria i capitali, etc)
Rischio di inflazione (la perdita di valore della moneta di conto espone gli investitori al rischio di vedersi rimborsati  a un tasso di interesse reale più bassi)
Rischio congiunturale (è legato all’”umore economico” –sentiment- dei mercati (alternarsi di fasi di entusiasmo e depressione- prevalente nello specifico momento congiunturale)
Il rischio esiste sempre: il tasso risk free è in realtà un concetto astratto, utile ai fini didattici e riferito ad attività puramente ideali.

Rischio e incertezza. L’incertezza esiste quando vi è appunto incertezza su cosa accadrà in futuro; il rischio invece riguarda solo l’incertezza “che conta”, quella cioè in grado di influire sul benessere degli individui.
Misurare il rischio: varianza e scarto quadratico medio.
La varianza (σ2 o Var) è determinata dalla media del quadrato degli scarti dei rendimenti di un determinato investimento rispetto alla loro media (r).
La varianza fornisce la misura della dispersione media dei rendimenti. Quanto maggiore è la varianza associata ai rendimenti di un’attività finanziaria, quanto più alto è il rischio a essa associato.
σ2 = Σ (rt – r)2/(T-1)        con t = 1… T
Lo scarto quadratico medio o deviazione standard (σ) è la radice quadrata della varianza. Ha il pregio  di esprimere la rischiosità nella stessa unità di misura in cui sono espressi i valori attesi o osservati e la loro media.
Lo scarto quadratico medio è nella pratica l’indice statistico usato con maggiore frequenza per misurare la dispersione dei rendimenti. Per fornire un’interpretazione è opportuno considerare le proprietà che caratterizzano a distribuzione normale: una distribuzione normale è una distribuzione i cui valori sono simmetrici rispetto alla propria media e ha una forma regolare che ricorda quella di una campana.
Lo scarto quadratico medio, in una distribuzione normale, è la variabile cui è legata la probabilità di ottenere un rendimento superiore o inferiore alla media di un determinato ammontare.
Conoscere le proprietà di una normale è utile perché ci consente di stabilire che la probabilità di un rendimento differisca dalla media meno dello scarto quadratico medio è pari a circa il 68% (per la precisione 68,26). Cioè, posta pari a 1 l’area sottostante la forma campanulare, l’area compresa tra la media ± 1 scarto quadratico medio ammonta al 68% di tale area. Essa si amplia fino addirittura a comprendere il 95% delle osservazioni totali se il range di valori considerato è compreso tra la media ± 2 volte lo scarto quadratico medio.
Man mano che ci si allontana dalla media, i valori anomali restano sempre più isolati e si dimostrano quindi meno probabili. La distribuzione normale ci aiuta però a quantificare la probabilità di ottenere rendimenti più o meno distanti dal valore medio.
La varianza ci permette di apprezzare la rischiosità dei singoli titoli; allo stesso tempo è lo strumento necessario per effettuare confronti tra diversi titoli identificandone il grado di incertezza relativa.
Tuttavia il profilo di rischio non è l’unica variabile che il mercato considera per la sopravvivenza di un titolo. Un investimento più rischioso dovrebbe consentire all’investitore di ottenere un rendimento atteso maggiore, poiché esiste una relazione diretta tra rischio sostenuto dall’investitore e rendimento offerto in media dal titolo.
Esiste quindi un trade-off tra rendimento e rischio che è il cuore della teoria finanziaria ed è alla base delle attività che gli operatori svolgono quotidianamente sui mercati.

Tratto da FINANZA D'AZIENDA di Alessia Chiovaro
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