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Il Modello “misto” italiano


Modello “misto” italiano è caratterizzato da:
Nel nostro pese la massiccia presenza dell’intervento statale nell’economia e il modesto sviluppo dei mercati finanziari unitamente alla carenza di investitori istituzionali hanno rappresentato i fattori sottostanti alla scelta di un modello “misto”, nel quale sono contemporaneamente presenti gli elementi distintivi sia del modello britannico che di quello francese.
In particolare nelle privatizzazioni italiane convivono i seguenti 3 caratteri essenziali:

costituzione di nuclei stabili di azionisti (mediante trattativa privata) che governano l’impresa con quote minoritarie di capitale societario

il ricorso alle OPV per stimolare la diffusione dall’azionariato popolare e quindi, puntare, nel lungo periodo al modello della public company

la detenzione di “poteri speciali” (espressi negli statuti delle imprese, nelle clausole statutarie) nelle mani del governo centrale per la salvaguardia degli interessi pubblici nel campo delle public utilities e nei settori ritenuti strategici. [“surrogato italiano all’istituto britannico della golden share”].

Nel ns paese i “poteri speciali non sono stati incorporati in un’azione speciale ma sono previsti quale oggetto di clausola da inserire negli statuti delle società. Nel decreto legge del 1993 “Norme per l’accellerazione delle procedure di dismissione di partecipazioni del Ministero del Tesoro in società per azioni” si prevede che il mantenimento di presidi pubblici sia svincolato dalla effettiva partecipazione azionaria e che sia realizzato attraverso l’inserimento di apposite clausole negli statuti delle società per azioni che “attribuiscono al tesoro la titolarità di uno o più poteri speciali”.
Inoltre, mentre sia per la golden share che per l’action specifique sono previste durate limitate, nella disciplina italiana manca analoga delimitazione temporale nella conservazione dei poteri speciali in capo al Ministero del Tesoro, ciò costituendo un elemento di dubbia compatibilità con il principio di “libertà contrattuale dei soci” dettato dalla normativa comunitaria e dallo stesso Trattato di Roma.
Tale modello misto è dunque logicamente correlato alle condizioni peculiari dell’economia italian, nelle quali non sarebbe possibile né adottare il modello “puro” della public company (a causa della limitata dimensione del mercato borsistico e dalla scarsa propensione dei risparmiatori privati verso gli investimenti azionari) né il modello francese “puro” del nucleo stabile, stante la scarsa presenza di investitori istituzionali in grado di assicurare stabilità di governo per un così elevato numero di imprese pubbliche da privatizzare.
Ciò significa che i due modelli francese e anglosassone “non sono stati visti come mutuamente esclusivi” e che la costituzione di noccioli duri costituisce un modo di tutelare le public company da eventuali scalate.

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