Gli alimenti e la casa del fallito
In seguito alla dichiarazione di fallimento, il fallito può trovarsi in uno stato di indigenza quando non può trarre da un’attività lavorativa i mezzi di sostentamento. L’art. 47 prevede, la facoltà concessa al giudice delegato (sentiti il curatore e il comitato dei creditori) di attribuire al fallito un sussidio a titolo di alimenti. Ciò che però il fallimento può corrispondere sono gli alimenti e nient’altro. Il giudice delegato può concedere questo sussidio tenendo conto dello stato di bisogno del debitore da un lato e della situazione economica del fallimento dall’altra. Vi è quindi un potere discrezionale per cui non è ravvisabile un diritto del fallito ad ottenere un aiuto dal fallimento. Nella determinazione del sussidio, il giudice potrà tener conto delle esigenze strettamente alimentari ed eventualmente, pur se non rientrano nella nozione degli alimenti, delle spese mediche. L’art. 47 riconosce poi al fallito il diritto di continuare ad abitare nella casa di sua proprietà. Il diritto all’abitazione è dalla norma coniugato con le esigenze di liquidare l’immobile che costituisce uno dei cespiti destinati al soddisfacimento dei creditori.
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Autore:
Alessandro Remigio
[Visita la sua tesi: "L'offerta fuori sede di strumenti finanziari"]
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- Università: Università degli Studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara
- Facoltà: Economia
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