I contratti pendenti
Oggi il legislatore della riforma ha preso posizione in merito, trasformando il principio della sospensione in regola generale, cioè vale per tutti i contratti pendenti, salvo che per le ipotesi espressamente previste dove sono applicate le regole dello scioglimento o della continuazione automatica dei contratti.
L'Art 72 rubricato “Rapporti pendenti” parla di contratti in generale, tipici e atipici, e la regola della sospensione è quindi diventata la regola generale, con la sospensione che dura fino a quando il curatore non dichiara di subentrare nel contratto in luogo del fallito assumendo tutti i relativi compiti, oppure non decide di sciogliere il contratto.
Il legislatore ha così tutelato la massa dei creditori; difatti il curatore decide se è conveniente proseguire con il rapporto pagando il dovuto interamente oppure se non sia meglio sciogliere il contratto. E’ necessaria l’autorizzazione del comitato dei creditori.
Art 72.Rapporti pendenti.
“Se un contratto è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti quando, nei confronti di una di esse, è dichiarato il fallimento, l’esecuzione del contratto, fatte salve le diverse disposizioni della presente Sezione, rimane sospesa fino a quando il curatore, con l’autorizzazione del comitato dei creditori, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di sciogliersi dal medesimo.
Il contraente può mettere in mora il curatore, facendogli assegnare dal giudice delegato un termine non superiore a sessanta giorni, decorso il quale il contratto si intende sciolto.
La disposizione di cui al primo comma si applica anche al contratto preliminare salvo quanto previsto nell’articolo 72-bis.
In caso di scioglimento, il contraente ha diritto di far valere nel passivo il credito conseguente al mancato adempimento.
L’azione di risoluzione del contratto promossa prima del fallimento nei confronti della parte inadempiente spiega i suoi effetti nei confronti del curatore, fatta salva, nei casi previsti, l’efficacia della trascrizione della domanda; se il contraente intende ottenere con la pronuncia di risoluzione la restituzione di una somma o di un bene, ovvero il risarcimento del danno, deve proporre la domanda secondo le disposizioni di cui al Capo V.
Sono inefficaci le clausole negoziali che fanno dipendere la risoluzione del contratto dal fallimento.
Qualora l’immobile sia stato oggetto di preliminare di vendita trascritto ai sensi dell’articolo 2645-bis del Codice Civile e il curatore, ai sensi del precedente comma, scelga lo scioglimento del contratto, l’acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno e gode del privilegio di cui all’articolo 2775-bis del Codice Civile, a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento.”
L'Art 72 prosegue illustrando la disciplina prevista nell'ipotesi di contratti in corso di esecuzione, nel caso in cui una parte si accorga che l'altra parte può risultare inadempiente: la parte non inadempiente può usare strumenti che risolvono il contratto prima dell'intervento del fallimento. Si vuole così evitare che ci sia un contratto in corso quando interverrà il fallimento, per evitare così che venga lasciata libertà di decisione al curatore se sciogliere o se adempiere al contratto. Si può quindi chiedere la risoluzione del contratto se l'altra parte risulta inadempiente però la richiesta di risoluzione del contratto deve risultare anteriore alla sentenza di dichiarazione di fallimento: si dovrà così promuovere un'azione giudiziaria e il curatore si troverà così in mano un contratto già sciolto una volta che occorrerà il fallimento.
Non c'è la possibilità di risolvere il contratto tramite una clausola posta sullo stesso sulla quale ci sia scritto che il contratto è sciolto in caso di fallimento: difatti l'Art 72 denota come inefficace una clausola di questo tipo: “Sono inefficaci le clausole negoziali che fanno dipendere la risoluzione del contratto dal fallimento.”; tale clausola risulta inefficace in quanto priva il curatore della possibilità di scelta.
Uno scenario completamente differente si manifesta nel caso invece di prosecuzione dell'attività d'impresa tramite esercizio provvisorio con il curatore che viene così chiamato a proseguire l'attività di impresa stessa: è il curatore a ricevere tale compito in quanto il fallito ne è impossibilitato, visto che è stato espropriato di tutti i suoi beni. L'impresa viene così mantenuta in vita e si può vendere ancora in funzionamento. Tuttavia il fallito conserva la titolarità dell’azienda.
Continua a leggere:
- Successivo: Il caso della locazione finanziaria
- Precedente: La compensazione dei crediti
Dettagli appunto:
-
Autore:
Andrea Balla
[Visita la sua tesi: "Analisi delle principali tecnologie applicate al settore automotive"]
[Visita la sua tesi: "I Diritti Particolari del Socio nella Nuova S.R.L."]
- Università: Università degli Studi di Torino
- Facoltà: Economia
- Docente: Prof. Cagnasso
Altri appunti correlati:
- Diritto Fallimentare
- Diritto privato
- Finanza d'azienda
- Manuale di Diritto Tributario
- Diritto fallimentare
Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:
- L'Istituto dell'Esdebitazione e la Tutela Creditorum
- La crisi d'impresa e le procedure concorsuali
- L'Esdebitazione
- L’azione revocatoria fallimentare e la recente riforma del 2005: disciplina, accadimenti storici e conseguenze sulle operazioni bancarie
- Il procedimento di esdebitazione nella nuova legge fallimentare
Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.