Le mostre temporanee e le pratiche curatoriali
Nell’ambito dell’esposizione, le collezioni possono essere permanenti o temporanee.
La storia delle mostre temporanee inizia nel XVIII secolo, quando a Parigi vengono costituiti i cosiddetti “salon”, riservati inizialmente ai membri dell’Academie Royale e dotati di una giuria che si occupava della selezione delle opere. La contestazione nei loro confronti inizia nel XIX secolo da parte degli artisti le cui opere venivano rifiutate dai salon ufficiali e aprivano così salon a proprie spese.
Nel 1874, a Parigi gli artisti impressionisti organizzano la prima Mostra degli artisti indipendenti, che porta alla nascita del Salon degli Indipendenti e al definitivo inserimento delle mostre temporanee all’interno del sistema dell’arte.
Figura protagonista delle mostre temporanee è il curatore, che può essere:
• Museale, quindi lavorare in ambito istituzionale in riferimento a più collezioni.
• Indipendente, quindi gestire singoli eventi sia sul piano culturale sia sul piano logistico.
A questo tipo di lavoro di collegano le cosiddette pratiche curatoriali, attività in continua evoluzione e che oggi si manifestano soprattutto attraverso piattaforme interattive come i libri e i siti web.
Compito del curatore è quello di gestire tutto ciò che riguarda la collezione e per svolgere tale compito è accompagnato da un vero e proprio staff, che comprende:
• Un ufficio stampa, comunicazione e marketing
• Light designer e architetto progettista
• Comitato scientifico
• Ditte specializzate a cui affidare il trasporto e l’assicurazione delle opere d’arte.
All’evento espositivo concorrono poi diverse fasi:
• Elaborazione.
• Progettazione.
• Piano di comunicazione.
• Strutturazione del budget, reperimento dei fondi e sponsorizzazioni.
• Organizzazione, che si conclude nell’inaugurazione, vernissage e opening.
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