Tesina sulla percezione del tempo nel bambino realizzata nell'a.a. 2005-2006 per sostenere l'esame di Etnolinguistica del Corso di Laurea Specialistica in Traduzione Letteraria e Tecnico Scientifica.
La percezione del tempo nel bambino in Jean Piaget
di Annamaria Martinolli
Tesina sulla percezione del tempo nel bambino realizzata nell'a.a. 2005-2006
per sostenere l'esame di Etnolinguistica del Corso di Laurea Specialistica in
Traduzione Letteraria e Tecnico Scientifica.
Università: Scuola Internazionale Superiore di Studi
Avanzati di Trieste
Esame: Etnolinguistica
Docente: Franco Crevatin1. Lo studio dello sviluppo del bambino di Jean Piaget
La figura di Jean Piaget (1896 – 1980) è molto importante per la psicologia dell’età evolutiva. È stato lui
infatti a introdurre l’epistemologia genetica, disciplina il cui obiettivo consiste nello spiegare i processi
cognitivi umani attraverso il modo in cui si sviluppano nell’individuo, dall’infanzia all’età adulta.
Inizialmente l’interesse di Jean Piaget non è rivolto verso i bambini, ma a poco a poco egli si rende conto
che è possibile studiare il passaggio da forme poco evolute di conoscenza a forme più complesse osservando
le varie fasi dello sviluppo intellettuale di questi ultimi. In pratica si tratta di una prospettiva costruttivista
per cui ogni stadio dello sviluppo dell’intelligenza del bambino è nuovo in rapporto allo stadio precedente
ma è comunque determinato da questo. Per Piaget anche l’ambiente svolge il suo ruolo fondamentale in
quanto i condizionamenti che da esso derivano concorrono a determinare le idee e a formare la conoscenza,
che è dunque vista come un concetto dinamico indissociabile dall’interazione soggetto-ambiente (vedere
Sito web dedicato alla teoria di Jean Piaget).
Il metodo utilizzato da Piaget per studiare i bambini non consiste, a differenza dei suoi predecessori,
nell’osservazione del soggetto o nella somministrazione di test, ma si basa sul fatto di lasciare parlare il
bambino in modo che l’indagine psicologica si presenti come una conversazione. Egli introduce dunque
l’intervista clinica, che ha come obiettivo quello di evidenziare i ragionamenti del bambino quando si deve
confrontare con situazioni di diversa difficoltà. Ai bambini, di fasce di età differenti, vengono poste alcune
domande e si individua cosa hanno in comune le risposte dei soggetti appartenenti a un determinato stadio,
poi si confrontano gli stadi successivi trasversalmente e si analizza lo sviluppo della conoscenza. Questo
metodo comporta una messa in discussione delle affermazioni del bambino al fine di comprenderne la
logica.
Per quanto riguarda gli stadi fondamentali dello sviluppo, Jean Piaget ne distingue quattro: lo stadio senso-
motorio (0-2 anni), lo stadio pre-operatorio (2-6 anni), lo stadio operatorio concreto (6-12 anni) e lo stadio
operatorio formale (da 12 anni in poi). L’età di passaggio da uno stadio all’altro varia a seconda dei bambini
ma l’ordine degli stadi è immutabile.
Durante il primo stadio, il bambino impara a conoscere il mondo attraverso le attività fisiche che compie.
All’inizio egli non è in grado di distinguere il mondo esterno da quello interno, il suo “io” è al centro di
tutto e non concepisce spazio e causalità perché non ha la nozione di oggetto. In seguito afferrando tutto
ciò che vede inizia a percepire la permanenza degli oggetti e a coordinare l’attività visiva con quella tattile,
la causalità tende a esteriorizzarsi e il tempo diventa progressivamente indipendente dall’io, il bambino
riesce dunque a immaginare il percorso fatto dall’oggetto anche quando questo non è visibile e si sviluppa
l’idea del ricordo relativo alle azioni che egli compie (Nicola Lalli - sito web, pp. 3-5).
Annamaria Martinolli Sezione Appunti
La percezione del tempo nel bambino in Jean Piaget