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APPROFONDIMENTI

Sistema Antimissile: vecchie paure, ritrovate tensioni

06/06/2007

Sistema Antimissile: vecchie paure, ritrovate tensioni

Negli ultimi due mesi il dibattito politico-strategico internazionale è tornato ad essere dominato dal cosiddetto “scudo anti-missile”. Il Ballistic Missile Defense System (BMDS) dell’amministrazione Bush, che prevedeva in origine un sistema integrato terra-mare-aria, dovrebbe vedere realizzata entro il 2011 soltanto la componente di terra. Le implicazioni di tale progetto hanno rimesso in gioco vecchie tensioni e ansie da parte russa ed europea. Il dibattito ha infatti riguardato le reazioni russe, gli eventuali diversi livelli di protezione all’interno dell’UE e il ruolo della NATO. Il progetto di difesa antimissilistica statunitense, designato alla protezione da attacchi missilistici (questa volta iraniani), dovrebbe prevedere nei prossimi mesi il dislocamento di alcune componenti sul territorio europeo. A darne l’annuncio il Gen. Henry Obering, comandante della Missile Defense Agency (MDA), secondo il quale l’Italia e alcuni altri paesi europei usufruirebbero di tale protezione. Di fatto, gli USA avrebbero stretto accordi quadro bilaterali (fra gli altri con Gran Bretagna, Danimarca, Repubblica Ceca e Polonia) per la condivisione delle tecnologie legate alla realizzazione del sistema.

La Federazione Russa punta il dito contro gli USA, accusati di voler riaccendere la corsa agli armamenti. Sarebbe impensabile che la Russia - vittima di un senso di accerchiamento non del tutto ingiustificato dopo l’allargamento dell’UE e le pressioni USA su Georgia e Ucraina - veda di buon occhio missili intercettori (con scopo difensivo ma valenza altrettanto offensiva) ai propri confini. E per dare una prova tangibile della propria intransigenza su questo punto qualche giorno fa, il Cremlino ha diffuso la notizia di aver effettuato un test di lancio di un missile intercontinentale a testata multipla. Inoltre, alla vigilia del vertice del G8 in programma per il 6-7 giugno in Germania, Putin ha dichiarato che, qualora gli USA insistano nell’alterare l’equilibrio strategico, sarebbe pronto a puntare i missili contro l’Europa. Le dure dichiarazioni del capo del Cremino trovano un precedente in occasione del ritiro statunitense dal Trattato ABM del dicembre 2001; trattato che, eliminando la possibilità di costruire un efficace sistema antimissile, rafforzava la deterrenza, poiché un eventuale attacco nucleare avrebbe potuto raggiungere massimi livelli di distruzione.

All’interno dell’UE si discute sull’eventualità che si creino due livelli di sicurezza, con paesi che, privilegiati dal punto di vista geostrategico (e non solo), godano di una protezione aggiuntiva rispetto agli altri partner comunitari. Il progetto, in effetti, prevedrebbe il dislocamento di 10 intercettori in Polonia e di un sistema radar nella Repubblica Ceca (gli USA sono dotati di 14 missili intercettori land-based e, prima di iniziare il dispiego in Europa, si prevede di arrivare a 36). Nonostante le dichiarazioni della European Security Strategy del 2003, l’UE non si è mostrata unita neanche in quest’occasione, dimostrando ancora una volta come l’adozione di una linea di condotta comune nella politica estera, di sicurezza e di difesa sia ancora molto lontana.

La NATO, da parte sua, non può evitare la discussione sullo scudo, soprattutto perché ha avviato lo studio di fattibilità dell’”Alliance Shield” o Active Layered Theatre Ballistic Missile Defense, un sistema di difesa anti-missilistico di teatro per la protezione delle forze alleate schierate nelle aree di crisi. Alcuni membri dell’Alleanza hanno persino proposto di inglobare il sistema anti-missile all’interno della stessa. Tuttavia, in quest’ eventualità si ripresenterebbe una serie di questioni irrisolte: in primo luogo, la diversa percezione della minaccia fra USA e gli alleati e di conseguenza la diversa propensione ad allocare una percentuale maggiore di risorse per il sistema; in secondo luogo, la concreta valutazione degli aspetti tecnici del progetto, oltre a quelli della sua realizzabilità, come ad es. il comando e il controllo e i trasferimenti di tecnologia. Non di minore importanza sarebbe la naturale opposizione statunitense per la condivisione di un progetto considerato di difesa nazionale, del quale comunque rimarrebbero i principali contribuenti, ma con potere decisionale necessariamente ridimensionato.

Sebbene la tempistica e soprattutto la realizzabilità tecnica non siano state definitivamente verificate, anche la più lontana possibilità che il progetto venga realizzato ha ridestato le preoccupazioni europee, creato nuovamente tensioni e interrogativi, riportando alla memoria il dibattito politico degli anni ’80.
Di fatto, l’arsenale a disposizione dell’Iran e della Corea del Nord, allo stato attuale, non é in grado di raggiungere il territorio statunitense.
Inoltre, una corsa agli armamenti con la Federazione Russa appare alquanto improbabile se si tengono in considerazione i legami economici con gli USA e l’UE, la prossima obsolescenza dell’ex arsenale sovietico, nonché l’ insufficienza dei missili russi di nuova generazione. Tuttavia, occorrerà attendere gli esiti del G8 e dell’incontro tra Bush e Putin nel Maine di luglio.
Per quanto riguarda la possibilità di integrare il sistema antimissile NATO con quello USA, questa potrebbe, da un lato, placare ansie e tensioni, offrire un’opzione aggiuntiva oltre all’azione preventiva, e dall’altro, rischiare di paralizzare il progetto da un punto di vista tecnico, economico ed operativo.
Appare invece d’obbligo da parte dell’UE una riflessione approfondita sul futuro della PESC e della PESD, soprattutto nel momento in cui la scelta unilaterale di alcuni, tramite la creazione di diversi livelli di sicurezza in Europa, metterebbe in discussione l’essenza stessa della politica comune.


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